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I polacchi e il "coraggio di chiedere"

si intensifica a Varsavia il dialogo tra ebrei e non ebrei

Nelle ultime due settimane, a Varsavia si è accesa un'aspra discussione che, sommariamente, potrebbe essere vista come un confronto sulla passata divisione tra "polacchi buoni" e "polacchi cattivi", i complici dei carnefici e i Giusti cui si vuole ora dedicare un monumento. 
In realtà, sebbene come ha sottolineato Konstanty Gebert nel suo editoriale sia comprensibile il timore di manipolazioni in un Paese in cui si è visto spesso un antisemitismo addirittura senza ebrei, quasi tutti eliminati dai nazisti nella Shoah, e dove anche di recente era pericoloso esporsi come amici del popolo ebraico, iniziative come quella della statua dei Giusti e la stessa apertura del Museo di Storia degli ebrei polacchi testimoniano di un crescente interesse dei polacchi verso l'ebraismo

Haaretz segnala un grande aumento di studenti non ebrei che studiano Ebraismo nelle università polacche, e la presenza di progetti concernenti il recupero della memoria ebraica ad esempio nel quartiere di Muranow, sorto sulle rovine del Ghetto. Ora pare che giovani manager, artisti e proprietari di bar e ristoranti considerino l'area "quella dei nostri antenati", indipendentemente dalla religione dei precedenti abitanti. 

I polacchi insomma sembra abbiano ritrovato il "coraggio di chiedere": che cos'è successo durante l'occupazione nazista, chi furono i responsabili della Shoah in Polonia, in che cosa consiste la religione ebraica, e anche domande su Israele. "Alcuni considerano lo Stato ebraico una sorta di colonia polacca nel Medio Oriente", dichiara Nili Amit, docente di Studi israeliani all'Università di Varsavia e coordinatrice delle "questioni israeliane" al Museo di Storia degli ebrei polacchi. 

Nei cosiddetti "Champs Elysées" di Varsavia, quindi in pieno centro, ha sede il Forum per il dialogo tra le nazioni, un'associazione di giovani polacchi che si batte per il ravvicinamento tra "gentili" polacchi ed ebrei. Studenti di 40 scuole di tutto il Paese vengono invitati da questo gruppo a partecipare a una vera e propria Scuola del dialogo dove imparano, tra l'altro, a ricostruire la storia delle comunità ebraiche che un tempo arricchivano il panorama delle loro località di provenienza. 

"Gli studenti non solo imparano la storia ebraica locale", ha dichiarato Andrzej Folwarczny, Presidente di Dialogo tra le nazioni, "ma hanno occasione di incontrare personalità cittadine e diventano ambasciatori del nostro progetto. Sviluppano un senso di responsabilità rispetto alla memoria delle comunità ebraiche e al loro contributo al patrimonio locale. Non stiamo solo insegnando la storia, ma anche e soprattutto stimolando dialogo e riconciliazione". 

L'associazione ha pubblicato un libro con 50 Domande Frequenti sul rapporto tra ebrei e non ebrei della Polonia, alcune delle quali trattano i temi del collaborazionismo con i nazisti e delle sue motivazioni e all'opposto di chi salvò gli israeliti dalla persecuzione. Si passa poi alle questioni attuali, ad esempio il perché della presenza di numerosi graffiti antisemiti sui muri nelle strade polacche. Il tutto sperando di convincere gli stranieri, anche israeliani, che "la Polonia non è solo Shoah e Varsavia non è solo il Ghetto".

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