Il libro racconta "il più terribile atto carcerario nella Romania del dopoguerra (...). A Pitesti sotto la guida di Eugen Turcanu (anch’egli detenuto, caratterizzato da acuta intelligenza, prestanza fisica e istruito allo scopo) il neonato regime comunista cercò, al fine di creare l'uomo nuovo, di azzerare l’anima dei prigionieri: intellettuali, borghesi, religiosi, persone comuni. 'Soprattutto studenti universitari', come annota Fertilio, 'd’opposizione al regime instauratosi, in Romania, sulla punta delle baionette sovietiche'. Erano in gran parte legionari dell’Arcangelo Michele, o Guardie di Ferro: insomma, ex allievi del leader di estrema destra (e filo-nazista) Corneliu Codreanu. Lo strumento utilizzato erano le torture continue, giorno e notte, senza pausa (...).
Lo scopo era annientare le anime dei reclusi di Pitesti: la famiglia, i genitori, il proprio passato non solo dovevano essere rinnegati appunto a seguito della tortura che durava giorno e notte, ma si doveva arrivare a un livello per cui si accusavano i propri genitori, i propri figli, la propria moglie delle peggiori nefandezze. Così il giovane studente arriva a confessare di avere avuto rapporti sessuali con la madre, il padre e persino con gli animali, e di averne tratto grande piacere. Oppure, il religioso deve partecipare alla processione in cui a Gesù e Maria vengono rivolti insulti irripetibili e ricevere l’eucaristia intingendo il pane nell’urina. Così si arriva al paradosso che il torturato stesso cerchi Eugen Turcanu al fine di denunciare il proprio passato, rivelare di aver compiuto o pensato le cose più inimmaginabili. Il tutto in un’atmosfera che sconfina addirittura in un misticismo folle e blasfemo".