1839 Mashad (Persia). In seguito a un “incidente”, la comunità ebraica locale viene messa di fronte a un'alternativa: conversione o morte.
Alcuni scappano, altri scelgono i Bahai, ma la maggior parte di questa collettività decide diversamente. Si proclama musulmana, e ha così salva la vita, ma continuerà in segreto a seguire la propria religione. Il fatto straordinario è che questa scelta andrà avanti per circa 120 anni, in una situazione in parte conosciuta e riconosciuta dalle autorità.
Si tratta di un caso di “marranesimo” in terra d’Islam e in epoca contemporanea che non ha precedenti e che un saggio dello storico Daniel Fishman, Il grande nascondimento; la straordinaria storia degli ebrei di Mashad, uscito per i tipi de La Giuntina, ha portato all’attenzione del grande pubblico.
È una storia di cui si sa poco o nulla, proprio perché per motivi di sicurezza i suoi protagonisti non hanno potuto o voluto parlarne. La storia e la difesa delle proprie origini si è tramandata per via orale, ma anche attraverso diversi sotterfugi utilizzati.
Vestirsi, parlare, comportarsi da musulmani in pubblico, e organizzare una resistenza identitaria nelle proprie case, ha significato sviluppare un comportamento schizofrenico collettivo per molto tempo.
Tanti gli esempi di questa situazione paradossale. Tenere aperti i negozi di sabato ma non vendere, andare in pellegrinaggio alla Mecca ma fare ritorno a Mashad facendo anche tappa a Gerusalemme, produrre doppie copie di contratti matrimoniali, quelli pubblici e mussulmani e quelli paralleli per le famiglie.
Tutto in gran segreto, in una città santa sciita, dove le autorità religiose erano per altro interessate a che non vi fossero incidenti spiacevoli e sommosse, per fare sì che tanti pellegrini potessero continuare ad arrivare da tutto il paese.
Queste alcune delle tante dinamiche che emergono in questo saggio pieno di curiosità e di rilevanze storiche. E che lascia aperte varie considerazioni.
Pur all’interno di un quadro di persecuzione e di possibile condanna per apostasia, è possibile rilevare “una scala di grigi” nei comportamenti. A differenza di quanto avvenuto in tanti paesi cristiani nei quali erano le autorità a fare editti contro gli ebrei e ad aizzare le folle contro questa minoranza, qui è l’alto clero, in contrapposizione rispetto al basso clero, a difendere in un qualche modo i jadidim (termine usato dalla autorità per questi nuovi convertiti).
Il comportamento della popolazione rispecchia la dinamica “clanica” della città, che vuole che ogni gruppo abbia una sua autonomia organizzativa. E pertanto un forte controllo nelle dinamiche pubbliche, ma una minore invasività nelle case private.
Una nuova costituzione a inizio del ‘900 darà diritti civili in tutta la Persia alle minoranze e alle donne. Da lì, ha inizio il progressivo svelamento di questa doppia identità.
La propaganda nazista degli anni’30 e ’40 in Persia, rimetterà di nuovo le comunità ebraiche in cattiva luce e di fronte a nuovi pogrom. Ma anche in questi casi vi furono sia sobillatori che organizzarono assalti ai quartieri ebraici, sia persiani che salvarono i loro concittadini ebrei. A Mashad, per esempio, si ricorda il caso di professori musulmani che durante un assalto fecero uscire i loro alunni ebrei da una porta laterale di una scuola.
Il libro, che ha una prefazione del giornalista Antonio Ferrari del Corriere della Sera, ricostruisce i fatti avvenuti, la conseguente scelta di doppia identità, e presenta una interessante raffronto con il caso del marranesimo spagnolo.