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Il discorso di Olivier Brochet,

in occasione della dedica di una targa ai Giusti alla Sinagoga di Milano

Il console all'interno della Sinagoga

Il console all'interno della Sinagoga

Signor Rabbino Capo, Signori Presidenti della comunità ebraica di Milano, Signor Presidente di Gariwo, caro Gabriele Nissim, Signore e Signori, 

É per me un grande onore essere tra di voi in questo giorno, nella Sinagoga centrale di Milano, per celebrare la memoria dei Giusti del mondo intero e vi ringrazio vivamente per avermi invitato ad esprimermi.

Permettetemi innanzitutto di rivolgervi le mie sincere felicitazioni per il 150esimo anniversario che testimonia la vitalità della comunità ebraica a Milano. Il festival internazionale Jewish in the city è un’iniziativa formidabile per far conoscere a tutti il suo contributo alla nostra società, a Milano e oltre, e come rappresentante della Repubblica francese a Milano, sono felice di esprimervi tutti i miei migliori auguri in questa bella occasione: Mazel Tov!

Nell’anno 2016, rispondere all’invito della comunità ebraica di Milano per celebrare insieme il suo 150esimo anniversario non dovrebbe che essere l’occasione per portarle un messaggio di fraternità, di gioia e di incoraggiamento. Ricordando, 70 anni dopo Auschwitz, il nostro tragico passato, ma guardando al domani con fiducia e con serenità.

Disgraziatamente, gli eventi di questi ultimi anni, in particolare quelli che hanno colpito il mio paese, sono venuti a ricordarci che l’antisemitismo, l’odio verso la libertà, il rifiuto della differenza, semplicemente il disprezzo per l’umanità, sono degli spettri ben presenti che continuano a falcidiare la nostra Europa.

Nel momento in cui la memoria viva del genocidio e delle atrocità della seconda guerra mondiale, quella dei sopravvissuti, svanisce inesorabilmente, e nel momento il cui taluni movimenti politici si impongono e minacciano per lo meno la costruzione europea, che da 70 anni ci garantisce la pace, le tragedie di questi ultimi anni sono altrettanti segnali di allarme, che dobbiamo prendere molto seriamente in considerazione, per reagire con forza.

Il Primo ministro francese Manuel Valls è stato a Gerusalemme questa settimana. Si è recato al Memoriale di Yad Vashem, per rendere omaggio alle vittime del nazismo e ai «Giusti tra le Nazioni». A Givat Shaul ha visitato il luogo dove riposano nove dei nostri compatrioti assassinati dal 2006, solo perché Ebrei : Ilam Halimi, vittima della «gang dei barbari» nel 2006; il Rabbino Jonathan Sandler e i suoi due bambini, Gabriel di 3 anni e Aryeh di 6; la piccola Myriam Monsonego, di 8 anni, uccisa a Tolosa nel 2012; Yoav Hattab, Yohan Cohen, François-Michel Saada et Philippe Braham, assassinati nel gennaio 2015 all’Hypercacher a Parigi.

Questi due omaggi portati dal Primo ministro francese alle vittime dell’antisemitismo di ieri e di oggi, che io ho il desiderio di rinnovare qui in questa sinagoga, sono la testimonianza della determinazione della Francia a combattere l’ignominia e a proteggere tutti i suoi figli, poiché, come lo ha ricordato Manuel Valls, «La Francia senza gli Ebrei di Francia non è la Francia.»

Inchinarsi, nel 2016, per rendere omaggio ai milioni di vittime della Shoah, alle vittime degli attentati antisemiti di questi ultimi anni, alle vittime dei terribili attentati che hanno insanguinato Parigi, Bruxelles e tante altre città in Europa, nel Vicino Oriente e in Africa, non significa solamente rispondere a un doloroso dovere di memoria. Significa esercitare un autentico dovere civico di mobilizzazione collettiva per impedire il ritorno della barbarie, senza distinguere tra di noi le nostre origini o le nostre credenze.

In questo senso, l’omaggio reso oggi ai «Giusti tra le Nazioni» è di essenziale rilevanza, non soltanto perché è riconoscere gli atti eroici di donne e uomini che sono venuti in aiuto agli Ebrei perseguitati, a rischio della loro stessa vita, ma poiché mette ognuno di noi davanti alla propria responsabilità permanente nei confronti dell’umanità. Questo perché i 23.000 «Giusti tra le Nazioni», 3.000 dei quali francesi, sono delle donne e degli uomini come noi, che hanno avuto il coraggio di dire «no» e ai quali noi vorremmo essere sicuri di poter somigliare.

Altre donne e altri uomini hanno ugualmente avuto questo coraggio e questa lucidità, trovandosi ad affrontare la barbarie laddove si è scatenata: durante il genocidio armeno, durante il genocidio dei Tutsi nel Ruanda, contro i totalitarismi, contro l’oscurantismo e il crimine organizzato da Daesh o da Boko Haram. Ci ricorderemo poi ugualmente che, nei tragici attacchi dell’anno scorso, il giovane del Mali Lassana Bathily, di fede musulmana, ha contribuito a salvare diversi compatrioti ebrei a l’Hypercacher.

Era giusto rendere omaggio ugualmente a tutti questi Giusti e voglio ringraziare per l'iniziativa di Gabriele Nissim e dell’associazione Gariwo, che sono riusciti a convincere il Parlamento Europeo a istituire una giornata europea dei Giusti. Poiché i Giusti ci aiutano nella nostra riflessione di cittadini, ricordandoci che come loro siamo uomini liberi e responsabili, attaccati ai valori universali di libertà, di uguaglianza, di giustizia, di rispetto delle differenze, di fraternità e di umanità.

Grazie.

29 maggio 2016

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Una targa per i Giusti di tutto il mondo alla Sinagoga di Milano

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