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La memoria ci rende liberi

il ricordo delle foibe

Dopo l'8 settembre 1943 in Istria e Dalmazia i partigiani slavi prendono di mira gli italiani, non solo i fascisti, ma tutti coloro che non sono schierati a fianco dei comunisti, in quanto considerati "nemici del popolo". Si aprono faide all'interno dello stesso movimento partigiano italiano, di cui la strage di Porzus è l'episodio più emblematico. Molti vengono torturati e uccisi.  Trovano la morte nelle foibe, cavità carsiche, circa mille persone. 
Nel 1945 le truppe di Tito occupano l'Istria, Gorizia e Trieste. Esplode la violenza: vengono gettati nelle foibe anche uomini di Chiesa, persino donne e bambini, tutti coloro che potrebbero essere d'intralcio alla nuova  Jugoslavia comunista.

Nel 1947 con il trattato che mette fine alla Seconda guerra mondiale, l'Istria e la Dalmazia vengono cedute alla Jugoslavia. Centinaia di esuli sono costretti a scappare in Italia, senza risorse e senza aiuti, completamente ignorati dal nostro Paese.

La Foiba più famosa, quella di Basovizza, è diventata Monumento nazionale, con un memoriale che racconta questa tragedia. Il 10 febbraio è il Giorno del Ricordo  in memoria delle vittime delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata, istituito con la legge n. 92 del 30 marzo 2004. 

Ieri il Presidente Napolitano nella cerimonia al Quirinale ha espresso "un sentimento di vicinanza e solidarietà mio personale e delle istituzioni repubblicane ai familiari delle vittime delle orrende stragi delle Fobie e ai rappresentanti delle associazioni che coltivano la memoria di quella tragedia e dell'esodo di intere popolazioni". Il Capo dello Stato ha annunciato che si recherà in visita a Porzus dichiarando che serve ricordare il dramma delle foibe e dell'esodo anche per "ripensare a tutti i fatali errori, al fine di non ripeterli più [...]. La visione europea ci permette di superare ogni tentazione di derive nazionalistiche,  di far convivere etnie, lingue, culture e di guardare insieme con fiducia al futuro".


Graziano Udovisi: il sopravvissuto

Graziano Udovisi fu uno dei pochissimi che sono riusciti a sopravvivere alla morte. Gli uomini di Tito torturano lui e altri cinque compagni: le frustate li hanno resi rossi di sangue. Poi li costringono a camminare scalzi e legati tra loro da un filo di ferro sul bordo di una foiba... subito dopo cominciano a sparare. Graziano con un gesto disperato si lancia nella cavità, pensando "Foiba mia, sei della mia terra, fammi morire subito". E invece la Foiba lo salva, riesce ad aggrapparsi a un alberello che ralllenta il volo di circa 20 metri. Alla fine del vuoto l'acqua. Graziano riesce a raggiungerla trattenendo il fiato, con la mano, liberata dal filo di ferro, afferra quella che inizialmente sembra una zolla di terra. Si tratta invece della testa di un suo compagno, che salverà dalla morte. 
Per tutta la vita Graziano ha rivissuto negli incubi quei momenti tremendi.


IL CALENDARIO DELLE COMMEMORAZIONI

9 febbraio 2012

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