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Le parole malate della politica

il messaggio di Gabriele Nissim al Memoriale della Shoah

Ieri sera, 26 maggio, il Memoriale della Shoah di Milano ha eccezionalmente aperto le porte in segno di solidarietà per le vittime dell'attacco al Museo ebraico di Bruxelles. Molte le personalità accorse al Binario 21, da cui partivano i treni stipati di ebrei e deportati politici diretti ai campi. 

Erano presenti, tra gli altri, il direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli e il vicepresidente della Fondazione Memoriale della Shoah Roberto Jarach, il vicesindaco Ada De Cesaris e il presidente della Provincia di Milano Bruno Dapei, il rabbino Alfonso Arbib con molti esponenti della comunità ebraica milanese, i rappresentati delle associazioni ANED, ANPI, FIAP Milano e  il Console onorario d'Armenia in Italia Pietro Kuciukian. Tutti hanno sottolineato la necessità di reagire con fermezza agli episodi di intolleranza e odio antisemita, spesso accolti dall'opinione pubblica con un diffuso senso di rassegnazione, quasi fosse inevitabile "che prima o poi certe cose accadano".
Gabriele Nissim, presidente di Gariwo, ha concluso l'iniziativa al Memoriale con questo messaggio:  

Voglio ringraziare tutte le persone che sono qui presenti. 
Di fronte a fatti di questo genere ogni essere umano deve assumersi una responsabilità e la partecipazione di questa sera è un esempio che credo possa essere accolto da tante altre persone.

Io vorrei porre questo problema: quello che è successo a Bruxelles non rappresenta un rigurgito, ma è sintomo di qualcosa di nuovo che sta accadendo in Europa, sotto forme molto diverse ma con una matrice comune. Sta ritornando tra le forze politiche l’idea del nemico, cioè l’idea che la redenzione della società passi attraverso l’individuazione del nemico. Questo è un elemento comune al movimento di Le Pen in Francia, ad alcune forze politiche in Italia, in Danimarca, in Ungheria, su cui noi dobbiamo interrogarci.  

Saul Friedländer, forse il più grande studioso del nazismo, diceva che l’antisemitismo si presenta come un elemento di redenzione. Vale a dire: ci si libera dell’ebreo per la felicità della società - questo è il meccanismo. Il nemico serve perché purificandosi da esso si può costruire un mondo nuovo.

Anche in Italia abbiamo assistito a una campagna elettorale in cui alcune forze politiche hanno riproposto questa visione del nemico e hanno riempito le piazze.Con molta curiosità, poco dopo l’attentato di Bruxelles sono andato a vedere il blog di Beppe Grillo e mi sono accorto del fatto che, tra le centinaia di interventi, non vi è stata nemmeno una parola su quello che era appena successo, ma solo la completa indifferenza. Ecco, credo che quando si predica l’intolleranza si finisce nell’insensibilità umana. Dire in campagna elettorale di essere “oltre Hitler”... come si può pensare una cosa di questo genere? Penso che queste siano parole malate rispetto a cui ognuno di noi deve assumersi una responsabilità.Però il mondo culturale e politico italiano resta in silenzio rispetto a quanto accadde oggi. Allora, io credo che siamo chiamati a una sfida. Esiste un problema di indifferenza rispetto a questi fenomeni e al ritorno della cultura del nemico che ci impone di prendere un impegno per capire l’origine di questi fenomeni che non sono irrazionali, ma nascono da piani razionali. 
Voglio finire con una bella notizia: in Polonia, nel Paese che ha visto lo sterminio degli ebrei, il 5 giungo sarà inaugurato il Giardino dei Giusti a Varsavia, dove sorgeva il ghetto, grazie a Gariwo, a importanti associazioni polacche e al sindaco della città. L’iniziativa di Varsavia è nata come un gemellaggio con la città di Milano. In quella occasione, infatti, si ricorderà che il giardino di Varsavia nasce sull’esempio del Giardino di Milano. Ciò significa che le nostre iniziative possono avere un’influenza in Europa ed è questa la nostra responsabilità.
 

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