Un nuovo museo sulla Shoah? Sì e no. Kazerne Dossin, il museo sull'Olocausto e i Diritti Umani inaugurato a Mechelen, in Belgio, rappresenta qualcosa di particolare. Al suo interno infatti è presente un centro di documentazione con le testimonianze di quanto accadeva in quello stesso luogo tra il 1940 e il 1944.
Il quartiere Dossin era utilizzato, durante l'occupazione nazista, come luogo di raccolta degli ebrei che venivano deportati ad Auschwitz. Furono 25.836 gli ebrei inviati al campo di sterminio, e solo 1.250 fecero ritorno in Belgio.
La particolarità dei documenti presenti a Kazerne Dossin risiede nel tema che essi affrontano: il duplice ruolo di resistenti e collaborazionisti dei cittadini belgi nella persecuzione di ebrei e zingari. Se è vero che il Belgio, Paese neutrale durante la Seconda guerra mondiale, ha subito l'occupazione nazista e ha visto diversi episodi di salvataggio degli ebrei da parte di molte famiglie, non sono mancati fenomeni di complicità con i piani di sterminio.
Mechelen, cittadina tra Bruxelles e Anversa, venne scelta dai tedeschi come punto di partenza dei treni della morte, e parte dell'esercito belga era quantomeno a conoscenza della destinazione dei convogli. Per quanto riguarda i rom, fu lo stesso governo belga a deciderne la deportazione, in seguito al peggiorare delle condizioni di vita della popolazione dovuto al razionamento alimentare.
La prima figura a salire sul banco degli imputati è Leopoldo III, il sovrano belga che collaborò con i nazisti tra il 1940 e il 1944, ma sono in molti ad aver preso parte alle deportazioni nonostante il Tribunale di Norimberga processò solamente dodici imputati belgi.
Il museo di Mechelen analizza i colpevoli di tali azioni senza demonizzarli. Dare un volto e un nome al dolore e alla crudeltà non è solo un atto di giustizia, ma è un modo per cercare di capire come persone "normali" abbiano potuto commettere simili crudeltà.