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Gioia di vivere, antidoto al terrorismo

di Silvia Golfera

Vignetta disegnata in occasione degli attentati di Parigi dall'artista Sabina Schkolnik Saad

Vignetta disegnata in occasione degli attentati di Parigi dall'artista Sabina Schkolnik Saad

Mi trovavo in una birreria di Ferney-Voltaire, vivacissima cittadina francese di frontiera, quando è arrivata la notizia della carneficina di Parigi. Con alcune amiche ero appena uscita da un cinema: si stava parlando del film di Ernesto Daranas “Chala, une enfance cubaine” - la storia intensa, emozionante, di un ragazzino che, pur in mezzo al degrado, all’ingiustizia e all’arbitrio, difende la propria umanità.

Insomma, una serata normale. Tre donne, due italiane e una brasiliana, trapiantate in Francia, col piacere di discutere, di guardarsi attorno, di sentirsi nel mondo, padrone del proprio destino.
Perché la prendo così da lontano? Perché ormai sul terrorismo e sulla disgustosa ideologia dell’integralismo islamico, qualunque sia l’etichetta con cui marchia i suoi delitti, si è detto tutto. Analisi sofisticate, rivendicazioni di principi, condanne della barbarie, chiamata a raccolta delle nazioni democratiche.

Di fronte a questa ennesima strage resto attonita e stordita. Non trovo parole per esprimere il dolore e cercare di spiegarlo. Ma una cosa è certa: il nauseabondo puzzo di cadavere e di putrefazione che ne deriva, non viene dalle vittime, ma dagli assassini.

Non è accettabile, e ne ricordo una per tutti, che una giovane donna, Valeria, debba morire non per uno degli infiniti possibili incidenti, ma perché studia e vive in una città europea, perché esce la sera ad ascoltare un concerto, perché vuole nuotare libera nel fiume della vita.
Eppure, difronte a tutto questo, parafrasando una celebre poesia di Ungaretti “non mi sono mai sentita tanto attaccata alla vita”.

Sta succedendo anche alle tante persone che si fanno fotografare sedute a un bar, a un ristorante, per via…senza paura di mostrarsi e di difendere il diritto a una vita normale.
Quello che si è prodotto dall’attentato alle Torri gemelle in poi, assomiglia sempre di più non ‘a uno scontro fra civiltà’, come qualcuno ha sostenuto, ma più semplicemente alla lotta fra quanti amano la vita e cupi seminatori di morte, falciatori senza anima e senza scopo, se non quello di trascinare nel proprio disastro quanti più possibile.

Due forze, l’istinto alla vita e la pulsione di morte, che, come ci ha insegnato a suo tempo Freud, si agitano alternativamente in ciascun uomo, dentro ogni cultura, più o meno forte l’una o l’altra a secondo delle epoche. Quando la seconda prende il sopravvento qualsiasi atrocità è possibile, perché una orgia iconoclastica, un delirio di annientamento si impadronisce dei cuori tristi.

Come diversamente definire, se non “cuori tristi”, coloro che a diversi livelli aderiscono al progetto jihadista?

Nelle parole dei fanatici arrestati i giorni scorsi a Merano, intercettate dalla polizia, emerge il gusto di uccidere, l’odio verso nemici fantasmatici, ma ancora più preoccupante, l’odio per la vita, l’aspirazione esclusiva ad una delirante ricompensa ultraterrena.

Non credo comunque che questa sorta di atrofia della coscienza sia attribuibile, come ho affermato altre volte, al potenziale distruttivo di religioni e ideologie. Penso invece che ideologie e religioni possano diventare forze propulsive e vitali se propugnate da un cuore aperto e generoso, ma un implacabile strumento di morte quando ad abbracciarle è un animo amaro e senza luce.

Ecco cosa sono i terroristi: uomini spenti, senza speranza, asserragliati in una grotta impenetrabile alla vita, al piacere, alla gioia.

In questi giorni Gariwo ricorda con commozione il sacrificio di Khaled al Assad, che in nome dell’arte e della bellezza si è offerto inerme ai suoi assassini.

Godere di un bel film, andarsene in una birreria a chiacchierare con gli amici, sorridere a uno sconosciuto, godere di un incontro imprevisto, ammirare un quadro, immergersi in un libro, amare, passeggiare, guardare il cielo, ascoltare con interesse le parole degli altri…e tante altre cose ancora, diventano atti di resistenza a replicanti senza anima.

Amare la vita, e contagiare di questo amore chi ci sta accanto, la risposta che ciascuno di noi può dare.

Analisi di

19 novembre 2015

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