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La strage di Nizza e l’esempio di oggi a Tunisi

di Antonio Ferrari

Pubblichiamo di seguito l'analisi di Antonio Ferrari comparso sulle pagine del Corriere della Sera poche ore dopo la strage di Nizza. 
Ferrari ricorda l'iniziativa di Gariwo e del Ministero degli Esteri italiani all'interno dell'Ambasciata d'Italia a Tunisi: il primo Giardino dei Giusti in un Paese arabo, con cinque alberi dedicati ad altrettanti Giusti musulmani che si sono battuti e sono battuti per la pace e la convivenza

La scorsa notte, commentando in diretta su Rainews24 le prime notizie e le prime immagini della strage di Nizza, ho finito ricordando lo straordinario evento che accadrà oggi a Tunisi. E ancora non sapevamo che l’autore del massacro del 14 luglio, nella città della Costa Azzurra, è un trentunenne francese di origine tunisina.
Ecco perché Il segnale che arriva dalla capitale nordafricana acquisisce uno straordinario valore aggiunto. Gariwo, la foresta dei Giusti, in collaborazione con il nostro Ministero degli Esteri, dedicherà cinque alberi ad altrettanti Giusti musulmani nel cortile dell’ambasciata d’Italia. Cinque alberi che verranno piantati con una semplice ma significativa e simbolica cerimonia nel nome della solidarietà, e speriamo di un nuovo umanesimo.

Certo impressiona la coincidenza. È infatti un magrebino, appunto originario dell’unico Paese dove la primavera araba si è davvero realizzata, l’autore della carneficina, che ha fatto precipitare la Francia e tutti noi nell’incubo di un terrorismo sempre più incontrollabile e feroce. Un terrorismo cieco, difficilmente prevedibile e neutralizzabile, che ha compiuto, se possibile, un nuovo salto di qualità. Ha approfittato della fine degli Europei di calcio, contando anche sulla sensazione che l’emergenza stia per finire, e non ha colpito Parigi, nel giorno della festa nazionale della presa della Bastiglia. Ha seminato la morte a Nizza, in un luogo di serenità e vacanze, abbattendo come birilli turisti, famiglie, bambini, che stavano guardando i fuochi d’artificio.

Tunisi, la capitale già colpita ferocemente dal terrorismo jihadista diventa quindi il trampolino della volontà di riscossa morale che unisce, con un gesto concreto, tre religioni che vogliono la pace e la convivenza. Riflettiamo su quanto ha scritto Janiki Cingoli, presidente del Centro per la pace in Medio Oriente: un ebreo, Gabriele Nissim, fondatore di Gariwo, nel cuore della sede diplomatica di un Paese cristiano, la nostra Italia, compie un gesto dedicato a cinque musulmani Giusti.
Cinque dei tanti esempi che anche dall’Islam si alzano per difendere la pace e la solidarietà umana: oggi verranno ricordati con la piantumazione degli alberi Il siriano Khaled Asaad, il custode di Palmira decapitato dai tagliagole dell’Isis; la guida Hamadi Abdeslem, che salvò numerosi turisti italiani durante l’attacco al museo del Bardo di Tunisi; l’eroe nazionale Mohammed Bouazizi, che si diede fuoco dando il via alla rivolta che portò alla fine della dittatura di Ben Ali; l’imprenditore Khaled Abdul Wahab, che salvò molti ebrei dalla deportazione nei campi di sterminio nazisti, durante i sei mesi di occupazione tedesca; e infine il giovanissimo Faraaz Hussein, che a Dacca, pur potendo salvarsi, ha accettato di morire per non lasciar sole due sue amiche. In questo momento quello che salirà da Tunisi è un fulgido esempio di ciò che unisce e non divide le grandi religioni e tutti coloro che se ne sentono rappresentati.

In questo crescendo di ferocia, che ci ha reso tutti più fragili, la cerimonia all’Ambasciata d’Italia è insomma la dimostrazione che soltanto il dialogo e l’amicizia possono disinnescare la ferocia di un terrorismo spietato proprio perché figlio di un fallimento. Lo Stato islamico finirà, ma il rischio è che occorrerà molto tempo. Anche perché i tagliagole sconfitti sul campo (iracheno, siriano e libico), hanno lanciato l’appello a ogni singolo simpatizzante: uccidete il numero maggiore di persone. Risuonano nella mente le terribili parole del ministro dell’interno del Bangladesh, commentando la strage di Dacca: «Gli attentati sono diventati una moda».

Antonio Ferrari

Analisi di Antonio Ferrari, editorialista del Corriere della Sera

15 luglio 2016

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