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Medio Oriente, rompicapo per tutti

di Antonio Ferrari

Il Medio Oriente, la regione che è palestra irrinunciabile di curiosità professionale; che per un giornalista vero è il master per imparare ad analizzare le notizie; che aiuta a separare radicalmente profondità internazionale e provincialismo, è nel caos. Caos vero, totale, perchè sono rimasti pochi punti di riferimento: idee-forza, come diceva un compianto maestro come Vittorio Dan Segre. Intendiamoci: per i cocciuti o interessati propagandisti di ogni parte, è tutto più facile. Per chi crede nell'onestà professionale e nello sforzo di obiettività, è decisamente più arduo. Riassumo:

1) La Siria è frantumata. L'aiuto militare e politico della Russia di Putin ha impedito il collasso del regime di Assad. Vi è un piano di pacificazione, sponsorizzato dalle Nazioni Unite, ma mentre i grandi discutono se lasciare o meno Bashar al Assad al potere, la guerra continua. L'Isis e Al Nusra (quest'ultima di origine quaedista), perfide componenti dell'estremismo sunnita, continuano a farsi una guerra spietata, in una corsa per dimostrare chi è il più feroce. Sia l'Isis sia Al Nusra non sono stati invitati alle trattative e continuano a seminare terrore.

2) L'Iraq è in pezzi, più di quanto dicano notizie sempre più gravi. Immaginate: se esplode un'autobomba nel quartiere sciita di Bagdad e provoca oltre 60 morti, ormai non fa più notizia. È tragicamente normale.

3) Il Libano, con la sua capitale assediata dalle immondizie, è incapace di eleggere il presidente della Repubblica, e deve provvedere a oltre un milione e mezzo di profughi.

4) La Giordania resiste, grazie alla lungimiranza del suo re Abdullah II e della regina Rania, ma deve fronteggiare l'emergenza migranti (che rappresentano ormai il 25 per cento degli abitanti nel regno) e qualche ruvida tensione interna, con il rischio che gli estremisti più radicali ne approfittino.

5) L'Arabia Saudita, che vive di petrolio, egoismo, dollari e intrighi, è un fortino spaventato dalle sue stesse colpe e debolezze: dal condizionamento degli estremisti wahabiti (cui si ispira anche l'Isis), dai troppi affari opachi, da amicizie davvero borderline, dal peso di intransigenze religiose insopportabili, e dal rispetto-zero dei diritti umani.

6) L'Iran sciita è stato riaccettato alla tavola delle decisioni regionali, dopo l'accordo sostenuto dagli USA sul nucleare. Ma sa di calamitare l'odio sunnita di Riad, di altri Paesi del Golfo e dell'Egitto.

7) L'Egitto, appunto. Da bastione di stabilità è diventato palestra di instabilità. Il caso Regeni ne è solo una delle prove, la più infausta per quanto ci riguarda. Migliaia di oppositori arrestati, torturati, scomparsi. Il generale-presidente Al Sisi è la dimostrazione finale che le primavere arabe sono state un disastro, con l'eccezione della volonterosa e fragile Tunisia. C'è quasi l'impressione che i vertici delle forze armate del Cairo siano diventati importanti collettori di affari militari assai lucrosi.

8) La Turchia. Beh, i vecchi alleati della NATO che cercavano l'Unione europea, e che l'Unione non ha voluto colpevolmente accettare come membri, si sono avvitati in una spirale micidiale: composta di corruzione sfrenata, nepotismo, guerra ai mass e ai social media, torture, arresti, intimidazioni, conflitto aperto con i curdi.

9) Ho lasciato per ultimo Israele, Paese che sembra immobile ma non lo è. Guidato da un leader, anzi un vero politicante come Netaniahu, innamorato del potere ma incapace di avere una chiara linea politica, sembra prigioniero dei suoi estremisti. L'odio per l'Iran è tale che ha avviato questa strana amicizia sotterranea con l'Arabia Saudita, formalmente nemica. Pare che i consiglieri militari dello Stato ebraico sostengano Riad e il Cairo nella guerra di cui nessuno parla: quella nello Yemen. Bibi Netanyahu pensa solo a se stesso: si è opposto persino all'ingresso nelle scuole del bellissimo libro di Dorit Rabinyan sull'amore tra un'israeliana e un palestinese. "Diseducativo", è stato definito.

È questo, in estrema sintesi, il piatto regionale che attende il nuovo presidente degli Stati Uniti. Dico subito come la penso. Barack Obama è stato un eccellente capo della più grande potenza. Eccellente perchè, nonostante i condizionamenti pesantissimi, ha fatto quel che ha potuto anche per il Medio oriente. Poco, di sicuro. Ma meglio poco che commettere altri errori clamorosi, come la catastrofica e nefasta guerra all'Iraq del 2003.

Confesso che, per naturale simpatia e stima, nelle prossime elezioni americane sarei con Bernie Sanders, perchè rappresenta l'immagine più vicina all'America dei nostri sogni. So che il sogno è irrealizzabile, e allora il sostegno passa a Hillary Clinton, nonostante gli errori compiuti, come Segretario di Stato: la guerra alla Libia è stata un passo emotivo e poco avveduto; analogo sbaglio, l'entusiasmo eccessivo per le primavere arabe. Ho incontrato Hillary ad Atene e a Olimpia, alla cerimonia dell'accensione della fiaccola per le Olimpiadi di Atlanta del 1996. L'ho poi vista a Davos. Impettita, in pieno scandalo Lewinski, affrontare con bravura e dignità i potenti dell'economia mondiale. Se fossi americano, voterei per lei. Ancor più volentieri se scegliesse come vice Sanders.

Per il Medio Oriente sarebbe la scelta migliore. L'incubo, invece, è Donald Trump: piace alla destra israeliana, piace a Netaniahu, ma è un personaggio molto pericoloso. Una mia amica, che cerca di vedere il bene anche nel peggio, dice che da presidente potrebbe dimostrarsi diverso. L'esperienza mi insegna a dubitare e a non correre rischi letali. Sono pienamente d'accordo con George Clooney, che ha detto d'essere convinto che l'America non sceglierà Trump perchè non vorrà mai essere condotta dalla paura. Spero di cuore che abbia ragione.

Antonio Ferrari

Analisi di Antonio Ferrari, editorialista del Corriere della Sera

16 maggio 2016

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