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​Una musica triste a Palmira

di Gabriele Nissim

Non è stata una bella musica quella eseguita a Palmira dalla grande orchestra di Valery Gergiev, il direttore del teatro Mariinsky di San Pietroburgo. Eppure c’era un grande direttore d’orchestra, si sono sentite tra le antiche rovine le note eccelse di Bach e Prokofiev. Il titolo della serata era molto suggestivo: preghiera per Palmira.

Centinaia di funzionari siriani e consiglieri militari russi hanno seguito il concerto, dopo avere sentito un messaggio teletrasmesso dal Cremlino, di Vladimir Putin.

Si voleva così celebrare la liberazione del sito archeologico dall’occupazione dell’Isis, che con il suo fanatismo ha distrutto reperti inestimabili, come il tempio di Bel e l’anfiteatro romano, e massacrando decine di persone, tra cui il direttore del museo Khaled al-Asaad, che da solo cercò di salvare il patrimonio artistico con la speranza di convincere i nuovi occupanti a risparmiare quell’inestimabile valore architettonico dell’antichità.

Non è stata una bella musica perché quel monumento, salvato fortunatamente dalle distruzioni dei nuovi barbari, non torna in mano all’umanità, ma ad un regime come quello di Assad, che è più preoccupato di bombardare i rivoltosi, i dissidenti e gli ospedali, piuttosto che cercare una pacificazione del paese e di creare un fronte interno democratico per la liberazione della parte del paese occupato dall’Isis.

Assad ama oggi presentarsi di fronte al mondo e a quanto rimane della sua popolazione come il laico e protettore delle minoranze religiose, contro il fanatismo omicida dell’Isis.

Tutto falso. Non solo il dittatore siriano ha usato il gas nervino contro la sua stessa popolazione, ma all’inizio della protesta pacifica, ha cercato di strumentalizzare l’Isis ai fini del mantenimento del suo potere, liberando dalle carceri, stracolme di oppositori, una fetta consistente di integralisti islamici.

Pochi sanno. Ma nei pressi di Palmira, prima dell’occupazione dell’Isis, c’era uno dei carceri più terribili dove venivano massacrati centinaia di prigionieri. Erano pochi i turisti occidentali, che quando visitavano quei siti meravigliosi, si rendevano conto di quante barbarie venivano commesse a pochi passi da quei colonnati romani. Prima a Palmira c’era la distruzione dell’uomo, poi cominciò la distruzione dei monumenti, ora si celebra la liberazione del sito, continuando la persecuzione e l’assassinio degli uomini.

Vorrei ricordare un episodio che riguarda Gariwo e la campagna che abbiamo condotto in tutta Italia per ricordare il martirio di un uomo giusto come Khaled al-Asaad.
Quando abbiamo organizzato a Milano, nel Giardino dei Giusti, la cerimonia per ricordare il suo coraggio, abbiamo ricevuto un messaggio da Damasco, dove i più importanti collaboratori dell’archeologo siriano, ci spiegavano che non potevano partecipare alla celebrazione della cerimonia perché tra gli organizzatori, c’era anche la comunità ebraica di Milano.

La giustificazione era che se fossero venuti in Italia, con un invito anche da parte degli ebrei, la loro vita sarebbe stata in pericolo.

Ma da chi si sentivano minacciati? Non certamente dall’Isis, allora molto lontano da Damasco. 
Una risposta la possiamo trovare, ricordando la visita del gennaio del 2001 di Papa Giovanni Paolo II.

Come ricorda Shady Hamadi nel suo libro Esilio dalla Siria, quando il pontefice scese dalla scaletta, prima di entrare nella Grande Moschea degli Omayyadi, tutti finsero di non sentire Assad dire a sua santità che cattolici e siriani dovevano essere uniti nell’inimicizia verso gli ebrei, visto che questi avevano tentato di uccidere Cristo.

Ecco chi oggi è ritornato a Palmira. Anche la più bella musica non deve farcelo dimenticare.

Gabriele Nissim

Analisi di Gabriele Nissim, Presidente Fondazione Gariwo

6 maggio 2016

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