Gariwo
https://it.gariwo.net/magazine/gulag/un-crocifisso-per-l-avvocato-moisej-ravic-2845.html
Gariwo Magazine

Un crocifisso per l'avvocato Moisej Ravic

di Anatoly Razumov

Il direttore del Centro nomi restituiti di S. Pietroburgo segnala la storia del professore Juri Petrovic Novitskij e del suo avvocato difensore Moisej Ravic, morti nei Gulag staliniani.

"Noi tutti conosciamo i necrologi di Gurovic, che aveva scelto di vivere all’estero, ma non sappiamo invece neppure dove siano sepolti coloro che furono giustiziati nel 1922.
Nella Russia sovietica era prassi comune uccidere in segreto, occultare le sepolture, nascondere o distruggere i documenti.
Forse Moisej Ravic, l’uomo di cui racconterò la storia, riposa nel cimitero memoriale di Levashovo" [...].

"La notte del 13 agosto 1922, su sentenza del tribunale speciale di Pietrogrado, il metropolita Beniamin, l’archimandrita Sergej e i laici Juri Novitskij e Ivan Kovšarov, vennero fucilati.
Il difensore del metropolita Beniamin, l’avvocato Jakov Gurovic emigrò in Francia dove continuò a lavorare e morì nel dicembre del 1936.
Moisej Ravic, invece, avvocato difensore di Juri Novitskij, scelse di rimanere in patria e fu fucilato a sua volta il 18 giugno del 1938".

"Juri Petrovic Novitskij, professore di diritto penale, era stato direttore dell’Associazione delle parrocchie. Quando cominciarono a chiudere i luoghi di culto, cercò di riorganizzare la vita ecclesiale.
Un amico di Novitskij, L. P. Karsavin, nella primavera del ’22, alla vigilia della partenza verso l’esilio della cosiddetta nave 'dei filosofi (1), congedandosi, gli disse:
'Juri, pensaci bene, vieni con noi. Qui non resterà niente, ti uccideranno'.
'Questa è la mia patria. Io resto', rispose Novitskij, secondo le parole riportate dalla figlia.
Per il tribunale speciale di Pietrogrado non contarono prove, né discorsi, né l’appello alla clemenza dell’avvocato Ravic: 'In qualità di difensore, mi rivolgo all’organo supremo del potere degli operai e dei contadini, perché teniate conto del fatto che quest’uomo per tutta la vita ha lottato contro la pena di morte, così come per tutta la vita si è occupato della sorte di bambini orfani e abbandonati. Ora lui stesso attente l’esecuzione e lascia una figlia quattordicenne, già senza madre, completamente sola'.
Prima di morire Juri Petrovic consegnò al suo difensore una piccola croce di legno scuro, di meravigliosa fattura e Moisej Semjonovic che aveva rifiutato con decisione qualsiasi altra ricompensa, accettò questa raffigurazione del Cristo crocifisso.
Nel 1937, nello studio di Ravic comparve una valigetta: un po’ di biancheria, un sapone, uno spazzolino. Le figlie lo vedevano di mattina affacciarsi alla finestra che dava sul cortile. Se ne stava ritto e immobile per circa 10 minuti, solo le labbra si muovevano. Sul cornicione venivano a posarsi dei colombi.
'Mamma- chiese una volta Nadia, la figlia minore- perché papà sta alla finestra?'
'Sta ammirando i piccioni, non disturbarlo'.
Solo 20 anni dopo Nadia comprese cosa faceva suo padre: pregava. Chiedeva a Dio la forza per affrontare il giorno, ma soprattutto la notte. Fu arrestato all’alba dell’11 febbraio 1938.
Venne fucilato esattamente 16 anni dopo Juri Petrovic Novitskij.
Percorse anche lui fino in fondo la strada della croce, per la quale il suo vecchio amico Juri Petrovic l’aveva benedetto.
Nel 1989 le figlie poterono finalmente venire a conoscenza del procedimento a carico il padre. Una voluminosa cartella grigio sporco, contenente i verbali degli interrogatori e dei confronti. E ovunque, con la sua scrittura:'non ne sono a conoscenza, non ero presente, non lo conosco, no…no…'.
Nell’incartamento è spuntata una lettera: 'Caro compagno Stalin, Vi scrive Sofja Ravic, figlia dell’avvocato Moisej Semjonovic Ravic. Ho 15 anni e frequento la settima classe. Per favore, riaprite il caso di mio padre. Lui è un uomo sincero, buono, onesto'.
La croce, fino ad allora conservata con cura, sparì durante l’arresto, prima della fucilazione".

Razumov ha raccolto la testimonianza di Irina, figlia di Sofja Ravic, reggente dell’ostello del monastero Giovanni Evangelista di Ceremenetskij

Si ringrazia Silvia Golfera per la traduzione dal russo e il giornalista Francesco Bigazzi.

leggi tutta la testimonianza di Anatoly Razumov

NOTA
(1) Il 31 agosto 1922 centosessanta personaggi di primo piano del mondo intellettuale e scientifico russo vennero mandati in esilio su una nave, che con triste ironia il popolo russo aveva battezzato "la nave filosofica".

Non perderti le storie dei Giusti e della memoria del Bene

Una volta al mese riceverai una selezione a cura della redazione di Gariwo degli articoli ed iniziative più interessanti. Per iscriverti compila i campi sottostanti e clicca su iscrizione.




Grazie per aver dato la tua adesione!