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Hu Jia (1973)

giornalista, ideatore della “lettera dei mille”

Nato il 25 luglio 1973 a Pechino, buddista e attivista dissidente nella Repubblica Democratica Cinese, Hu Jia, è noto per le sue battaglie sulle violazioni dei diritti umani in Cina, a favore di un Tibet libero e contro l’Aids. Già i suoi genitori nel 1957 ebbero problemi con la giustizia: accusati di essere conniventi con la destra borghese, furono condannati ai lavori forzati in una remota provincia cinese fino al 1978, quando la loro pena fu sospesa da Deng Hiaoping. Le attività di Hu Jia spaziano dal “Movimento per la Democrazia in Cina”, al “Movimento ambientalista cinese”, sino a una serie di iniziative per diffondere la conoscenza e la prevenzione del virus HIV tra la popolazione. 

Dal 1996, anche grazie alla laurea in ingegneria dell'informazione, riesce a diffondere notizie e informazioni sulle sue campagne civili tramite internet, skype e i più moderni mezzi informatici. 

Col tempo è divenuto uno dei principali punti di riferimento della dissidenza cinese: ha raccolto articoli, preparato ricorsi legali e presentato alla comunità internazionale l’opera degli oppositori del regime; ha collaborato con i media stranieri e con le ambasciate, fornendo materiale sulle violazioni dei diritti umani commesse dal Partito comunista. 

Questo attivismo non ha tardato a causargli gravi problemi con la giustizia cinese tra cui una serie di condanne per il reato di “sovversione ai poteri dello Stato”. La prima è del febbraio 2006: viene arrestato, torturato e richiuso per 40 giorni. Appena rilascito è posto agli arresti domiciliari con l’evidente intento di impedirgli i contatti con il mondo esterno, destinatario delle sue denunce. 

Nel 2007 si fa promotore della famosa «lettera dei mille» indirizzata al leader Hu Jintao e al Partito comunista, a congresso il 15 ottobre dello stesso anno. Il messaggio muove dall’arresto di Lu Gengsong (un docente alla scuola superiore di polizia nello Zhejiang, che dopo aver lasciato l'insegnamento aveva iniziato a denunciare on line corruzione e malcostume). Hu elabora un testo base, lo mette online e lascia che si arricchisca dei contributi di tutti i firmatari, che arrivano a 1060 e rappresentano le diverse anime del dissenso cinese: si va dalle persone comuni agli intellettuali, agli aderenti al Partito democratico fuorilegge. Di loro, Hu Jia ne conosce un centinaio appena. Nella lettera chiedono libertà per chi, spesso attraverso Internet, ha esposto punti di vista critici nei confronti del regime. Sanno di muoversi su un terreno minato e per questo richiamano il dettato costituzionale proprio dove menziona la tutela dei diritti umani: sulla base di quanto proclama la Costituzione - scrivono - il Partito «si è impegnato solennemente nella promessa di governare la nazione secondo la legge e proteggendo i diritti umani», mentre invece «polizia e autorità giudiziaria, sotto la guida del Partito, negli ultimi tre anni hanno arrestato scrittori, giornalisti, giuristi e attivisti per reati politici e d'opinione». Il testo cita l'approssimarsi dei Giochi olimpici del 2008, evocando l'intensificarsi dell'attenzione dei governi e dell'opinione pubblica internazionale, e invita i partecipanti al Congresso del Partito a liberare Lu Gengsong «per mostrare una nuova immagine di sé». Sono almeno diverse decine, secondo Reporters sans Frontières, gli intellettuali in carcere o agli arresti domiciliari, e spesso per loro pagano anche le mogli. 

La lettera trova subito una forte eco in Occidente e Hu Jja viene nuovamente arrestato nel dicembre 2007 per “incitamento alla sovversione”. Per tutto il periodo della detenzione preventiva gli viene negata la possibilità di incontrare un avvocato e di vedere la sua famiglia, e gli sono negate le cure mediche necessarie per curare l'epatite B di cui soffre. Secondo i rappresentanti del gruppo “Chinese Human Rights Defenders” questa nuova detenzione è da considerarsi direttamente in relazione con l’appuntamento olimpico. 

La sentenza del 3 Aprile 2008 lo condanna a tre anni e mezzo di reclusione e a un anno di privazione dei diritti politici. Lo stesso mese viene insignito della cittadinanza onoraria di Parigi. Il 26 luglio 2008 Hu Jia festeggia il trentacinquesimo compleanno nella sua cella, nel centro di detenzione di Hubai a Tianjin (200 km da Pechino), senza il conforto della moglie, Zeng Jinyan, e della madre, alle quali viene negata l’autorizzazione alle visite. Il Pubblico Ministero ha presentato come prove contro di lui alcuni articoli pubblicati su Internet e, soprattutto, i suoi “rapporti con le potenze straniere, tesi a screditare l’immagine della Cina”. Secondo il suo avvocato, l’accusa è strumentale: “La Costituzione garantisce il diritto di parola e di espressione, e Hu ha operato nell’ambito di questo diritto. È soltanto una manovra politica per tacitare una voce libera a pochi mesi dalle Olimpiadi”. 

USA e UE chiedono il suo rilascio immediato, mentre Amnesty International considera Hu Jia un prigioniero di coscienza, condannato solo per aver esercitato il suo diritto alla libertà di espressione. 

La stessa sorte è capitata alla moglie Zeng Jinyan, di soli 24 anni, anche lei cyber-attivista, posta agli arresti domiciliari con la figlia di pochi mesi. 

Zeng Jinyan, per la sua attività a favore della salvaguardia dei diritti civili in Cina, è stata inserita dalla rivista "Time" tra le 100 donne più significative del pianeta. Il 23 ottobre 2008 il Parlamento europeo ha attribuito a Hu Jia il Premio Sacharov per la libertà di pensiero, attirandosi forti critiche da parte di Pechino. 

Nel giugno 2011 il dissidente è stato rilasciato, dopo tre anni e mezzo di carcere.

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