Nasce il 27 luglio 1947 a Teheran e inizia a lavorare come giornalista nel 1964. Durante la sua lunga carriera collabora con molti giornali, di cui una ventina fondati da lui nel tentativo di riuscire a lavorare nonostante i divieti del regime. Tra il 1971 e il 1979 è caporedattore di “Ayandegan”, il quotidiano più famoso e influente dell'Iran. Il giornale viene chiuso nell'anno della Rivoluzione per ordine dell'Ayatollah Khomeini e tutto il suo staff è arrestato.
Per breve tempo Benhoud dà vita all'esperienza di “Tehran-e Mosavvar”, un giornale costretto a chiudere dopo soli trenta numeri, a causa della stretta del nuovo regime iraniano sulla libera informazione. Dal 1981 al 1985 conduce un'esistenza di basso profilo a Teheran, senza lavoro. Nel 1985 fonda “Adineh”, che presto diventa la più popolare rivista letteraria iraniana.
Per 13 anni Benhoud firma articoli in favore della libertà di stampa e di espressione, lotta contro la censura e cerca di favorire la libera circolazione delle informazioni. Nel 1995 sopravvive miracolosamente a un attentato ordito dalla polizia segreta iraniana mentre si trova in Armenia per un'iniziativa del sindacato degli scrittori di quel Paese. “Adineh” viene chiusa e il suo direttore arrestato nel 1996. Benhoud continua a scrivere, pur censurato dal regime, e i suoi articoli sono accolti dal pubblico con molto interesse.
Nel 1999 numerosi scrittori dissidenti vengono uccisi dalla polizia iraniana in quella che viene definita “catena di omicidi di Teheran” e Benhoud scopre di far parte della lista di autori che la polizia progetta di uccidere. Rischia inoltre una condanna per “insulto al Leader Supremo”, una delle accuse più gravi nell'ordinamento iraniano. Prende allora la via dell’esilio e continua la sua attività di giornalista scrivendo per “Rooz online”, un quotidiano pubblicato in Francia e redatto in inglese e persiano.