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Hassan Amdja

l'ufficiale circasso che denunciò i massacri a cui aveva assistito durante il genocidio degli armeni

Notizie tratte dal libro di Pietro Kuciukian Voci nel deserto. Giusti e testimoni per gli armeni, Guerini, Milano, 2000

Ufficiale circasso suddito dell’impero ottomano, Hassan Amdja fu un fedele collaboratore del ministro della Marina, il generale Ahmed Djemal Pascià, uno dei triumviri del Governo dei Giovani Turchi negli anni dello sterminio degli armeni. Quando Djemal si dissociò dalla linea del movimento Unione e Progresso ed entrò in rotta di collisione con gli altri due triumviri, il ministro della guerra Enver Pascià e quello dell’Interno Talaat Pascià, la deportazione degli armeni era stata quasi completata. Nell’agosto del 1916 Djemal incaricò Hassan Amdja di mettere in salvo gli armeni scampati alla morte nella regione intorno a Damasco, fino a Gerusalemme, per insediarli nella zona costiera della Siria e della Palestina, che intendeva sottomettere come sultano alleato delle potenze occidentali contro i suoi vecchi amici del Governo dei Giovani Turchi. Il progetto fallì per le divisioni interne agli alleati, a causa delle loro mire espansionistiche e del crollo dell’impero zarista, mentre era in atto lo scontro di potere all’interno del governo turco. Djemal non riuscì a mettere in atto il suo piano di fronte alla resistenza delle autorità civili fedeli a Talaat e Hassan Amdja, che si era già recato nella zona delle operazioni per organizzare le spedizioni degli armeni verso la salvezza, venne messo da parte e fu costretto a desistere, ma rimase profondamente scosso dalla condizione estremamente penosa in cui aveva trovato la popolazione armena scampata al massacro.
Nel 1919, dopo la firma dell’armistizio, Hassan Amdja decise di pubblicare a Istanbul, sul quotidiano Alemdar, una serie di articoli sulla sua esperienza riguardo la deportazione degli armeni, mentre era in corso in città l’istruzione dei processi contro i responsabili dello sterminio. Il primo articolo uscì l’8 luglio, il secondo l’11 luglio, il terzo il 15 luglio. Subito dopo il quarto. Ma i ricordi contenuti nei resoconti dell’ufficiale non piacevano alla società turca, che si sentiva messa sotto accusa. Alla redazione giunsero moltissime lettere di protesta di istituzioni e di gente comune. L’autore venne additato e minacciato per strada.
Il 22 luglio Hassan interruppe la pubblicazione inviando una lettera alla redazione in cui denunciava il clima di intimidazione e di calunnia che circondava la sua azione e annunciava che non avrebbe smesso di raccontare la verità, che avrebbe raccolto in un libro. Il quotidiano di Istanbul in lingua francese La Renaissance tradusse e pubblicò tutti e quattro gli articoli e ampi stralci della lettera.

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