Sadiq Al-Azm, spentosi l'11 dicembre 2016 nel suo esilio berlinese, era uno dei capostipiti della dissidenza siriana e, più in generale, del pensiero democratico arabo. Era nel mirino dei fondamentalisti dal lontano 1967 quando, da professore dell'Università americana di Beirut, aveva studiato la sconfitta della coalizione araba contro Israele in chiave di fallimenti intrinseci al mondo arabo e non di "complotto ebraico" o di "debolezza dell'Islam".
Nel 1969, la sua opera La tragedia del diavolo gli costò la prigione per blasfemia, perché, in questo libro che è un po' un classico del movimento del 1968 in terra araba, al-Azm cercava di sfatare molti dogmi e paure che la religione, e soprattutto la figura di Satana, incuteva nelle persone. Soprattutto però, la Tragedia del diavolo racconta della tragedia di quando in nome di una verità rivelata si demonizzano gli altri fino a ucciderli. A suo favore si spesero politici come Jumblatt e altri anche interni alla stesse fede musulmana, suggerendo ad esempio, pur in privato, che i più credenti scrivessero libri per refutare le sue teorie, invece di attaccarlo fisicamente.
Il libro, che nel 2016 è uscito in italiano grazie all'Università Luiss, era andato subito a ruba in tutto il mondo arabo ed è tuttora un grande successo editoriale e politico, e benché sia normalmente vietato nei Paesi musulmani, Sadiq stesso diceva che era "facile procurarselo per leggerlo... o per bruciarlo".
Infatti i fondamentalisti si sono sempre risentiti del fatto che la sua opera risponde alla domanda di democrazia che si era vista sollevare dai giovani nelle primavere arabe, prima che i loro aneliti fossero appunto soffocati dalla repressione o dalla violenza bellica, come in Siria. L'ISIS ambisce a istituire un regno di repressione e morte, dove gli "infedeli" vengono decapitati, e non a realizzare le speranze dei giovani.
Al-Azm era un filosofo kantiano, con un dottorato a Yale. Di lui è stato scritto: "Per Sadiq ogni pensiero può essere messo in discussione. Non c’è dubbio che è un’opinione che non mette tutti d’accordo, ma si deve riconoscere che lui stesso ha sempre argomentato i suoi punti di vista – critici, polemici o altro – con un’invidiabile chiarezza”.
La rivista Internazionale ha ricordato che nel 2012 al-Azm si recò a ritirare il premio Ibn Rushd per conto della figura di coraggio civile siriana, onorata anche al Giardino dei Giusti di Milano, Razan Zaitouneh. In tale occasione spiegò: “Questo premio rende omaggio a tutti i siriani che hanno sognato il sogno della libertà”. Una dedica che gli assomiglia. Forse, la sua chiarezza al costo dell'esilio era proprio espressione di questo grande sogno, che si spera i siriani possano coltivare nella pace al più presto.