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Erdogan trascina la Turchia su una strada pericolosa

intervista al politologo Cengiz Aktar

"Non faremo passi indietro nella lotta al terrorismo, è un processo che continuerà con la stessa determinazione". Con queste parole il presidente turco Tayyip Erdoğan ha manifestato chiaramente l'intenzione di proseguire la maxi operazione anti-terrorismo avviata contro presunti membri dello Stato Islamico (IS) e del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), che è fuorilegge in Turchia. Una campagna lanciata dopo l'attentato suicida del 20 luglio nella città di Suruç, presso il confine con la Siria, che ha causato 32 morti e quasi 100 feriti tra i giovani attivisti socialisti e i volontari, riuniti per una missione di aiuto a Kobane, la città curdo-siriana poco oltre la frontiera, distrutta dall'IS durante il lungo assedio lo scorso inverno prima di essere liberata dalle Unità di Difesa del Popolo (YPG). Il massacro di Suruç ha riacceso le tensioni tra lo Stato turco e il PKK, che ha ricominciato gli attacchi contro la polizia e l'esercito, mentre gli aerei militari turchi hanno preso di mira i campi di addestramento del movimento curdo e molti suoi militanti sono stati arrestati dalle unità anti-terrorismo. Le manifestazioni di protesta tenute in tutto il paese contro l'IS e la politica del governo riguardo alla guerra in Siria sono state disperse con cannoni ad acqua, proiettili di gomma e gas lacrimogeni. Anche internet e social media sono soggetti a restrizioni sempre più pesanti in Turchia: un tribunale di Ankara ha approvato la decisione dell'organismo statale di controllo sul web di bloccare 96 siti curdi e di altri movimenti di sinistra e 23 account Twitter, accusati di fare propaganda terroristica. Tra i website bloccati ci sono Rudaw, BasNews, Diha, ANHA, il quotidiano Özgür Gündem, Yüksekova Haber, Sendika.Org e RojNews.
Molti sostengono che la strategia aggressiva lanciata da Erdoğan e dal Partito Giustizia e Sviluppo (AKP), da lui guidato, è motivata da calcoli elettorali, dopo il successo del Partito Democratico dei Popoli (HDP), filo-curdo, nel voto del 7 giugno, che ha impedito all'AKP di ottenere la maggioranza parlamentare. L'obiettivo di Erdoğan ora sarebbe isolare l'HDP e minare la sua forza nelle prossime elezioni anticipate. 
Il leader dell'HDP, Selahattin Demirtaş, ha reagito con forza, accusando l'AKP di "voler trascinare passo dopo passo la Turchia in una guerra civile, in un conflitto regionale" per ottenere di governare da solo con le prossime elezioni, e ha aggiunto che l'HDP non permetterà questo disastro.

Per un commento sulle possibili scelte dell'HDP in questo quadro e sul destino della questione curda, Gariwo ha intervistato Cengiz Aktar, analista politico turco, esperto di minoranze e fautore della riconciliazione tra turchi e armeni, Senior Scholar all'Istanbul Policy Center, consulente per 22 anni all'Onu, scrittore ed editorialista per il network televisivo Al-Jazeera e i quotidiani Zaman e Taraf, membro del Board della  Hrant Dink Foundation.

L'HDP resterà isolato nel tentativo di resistere all'attacco dell'AKP o può trovare un alleato nel CHP (Partito repubblicano laico di ispirazione kemalista)?

Il CHP, impegnato nelle trattative per un governo di coalizione con l'AKP e interessato a condividere la gestione del potere con quel partito, non si azzerderà mai a mettere nell'angolo il suo futuro partner. Questo nonostante il CHP sia l'unica componente elettorale che potrebbe sostenere l'HDP e le altre forze democratiche e pacifiche contrarie al pericoloso cammino verso cui il presidente Erdoğan sta trascinando la Turchia.

Erdoğan ha liquidato il processo di pace con i curdi, dichiarando: "Non è possibile portare avanti questo processo con chi prende di mira l'unità e la fratellanza nazionale". Ciò significa il definitivo fallimento di questo negoziato di lunga durata?

Non è mai stato un vero processo di pace nel significato tecnico o classico del termine. Era semplicemente un cessate il fuoco, che non c'è più, nonostante le dichiarazioni in senso contrario. L'HDP, come rappresentanza eletta e legittima del movimento politico curdo, si troverà in una situazione sempre più difficile nei confronti dei segmenti più radicali del movimento.

Ritiene che le nazioni occidentali alleate nella lotta all'IS accetteranno di riconoscere l'offensiva della Turchia contro il PKK come parte della "battaglia contro il terrorismo nella regione"?

È molto difficile che la manovra, tentata dal governo dell'AKP, per accomunare il  PKK/PYD (PYD, Partito di Unione Democratica, principale forza politica affiliata al PKK, N.d.R.) e l'IS come due organizzazioni terroristiche, trovi credito presso le opinioni pubbliche dei paesi occidentali. Oltre tutto, i curdo-iraniani sono l'unica consistente forza di terra che combatte l'IS e l'Occidente non li tradirà; le conseguenze di un tale tradimento sarebbero catastrofiche per tutti.

Viviana Vestrucci, giornalista

29 luglio 2015

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