Gariwo
https://it.gariwo.net/magazine/diritti-umani-e-crimini-contro-lumanita/in-siria-grande-coalizione-ma-il-dilemma-e-il-ruolo-di-assad-13978.html
Gariwo Magazine

In Siria grande coalizione, ma il dilemma è il ruolo di Assad

Intervista a Marcello Flores

Manifestazione di protesta contro la guerra in Siria

Manifestazione di protesta contro la guerra in Siria (AFP Photo/Chip Somodevilla)

Oltre 4 milioni di siriani rifugiati all’estero e 6,5 milioni di sfollati all’interno del Paese è il bilancio della guerra in Siria, in corso dalla primavera 2011. Una strage che le grandi potenze non hanno ancora fermato, nonostante gli appelli disperati della popolazione. Anche il vertice tra il presidente americano Barack Obama e il presidente russo Vladimir Putin, in occasione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha confermato le divergenze. Obama è pronto a collaborare con tutte nazioni, Russia e Iran incluse, per intervenire in Siria, ma è fermo sulla necessità di rimuovere il dittatore Assad, che ha massacrato il suo popolo. Per Putin, invece, è un grave errore non collaborare con il governo siriano e il suo esercito, perché essi combattono l'ISIS. Gariwo ha chiesto a Marcello Flores, docente di Storia comparata e Storia dei diritti umani nell'Università di Siena e direttore del Master europeo in Human Rights and Genocide Studies, se ci siano vie d'uscita da questo stallo e se sia ancora possibile imporre il rispetto dei diritti umani.

Perché in Siria non c’è stato l’intervento di una forza internazionale, come avvenuto durante altri conflitti nel mondo?

In generale gli interventi o i mancati interventi negli ultimi decenni non sono stati il risultato di una decisione astratta sulla base di valori o del diritto internazionale, ma sono derivati da interessi geopolitici, scontri politici e anche opportunità. Il caso della Siria è particolarmente significativo perché, quando si ipotizzò di intervenire, in quel paese stava già avvenendo qualcosa di terribile: c’erano oltre 200mila morti e 2 milioni di profughi e un uso quasi certo, da parte del governo di Assad, delle armi chimiche proibite dal diritto e dalle leggi internazionali e quindi sanzionabili con un intervento. Ma in precedenza c’era stato il fallimento della missione in Libia. E se andiamo più indietro nel tempo, il mancato intervento in Ruanda all’epoca del genocidio è il risultato del fallito intervento in Somalia. Dobbiamo quindi ricordare questi fatti per capire perché non si interviene più. In Libia da un certo punto di vista poteva essere ragionevole agire per fermare il massacro che le truppe di Gheddafi stavano facendo a Bengasi, ma le modalità dell’intervento, totalmente impreparato, senza obiettivi chiari, senza un’idea di cosa fare dopo, ha portato alla situazione che conosciamo. E in Siria si è temuto che potesse succedere lo stesso. E’ difficile dimostrare che, se ci fosse stato l’intervento che avrebbe presumibilmente cacciato Assad, si sarebbe potuto avere un governo più solido e democratico e impedire fin dall’inizio che l‘ISIS nascesse e commettesse ciò che sappiamo. Certo la presenza di troppi attori con interessi diversi – le grandi potenze Stati Uniti e Russia, e le potenze regionali Iran, Turchia e Arabia Saudita – ha determinato una difficoltà enorme nel conciliare tutte le parti.

E’ ancora possibile agire per imporre il rispetto dei diritti umani in base alle convenzioni internazionali e chi può farlo?

Adesso mi sembra molto difficile, intanto perché il possibile intervento dell’ONU era stato a suo tempo bloccato dal veto russo, motivato con il timore che avrebbe destabilizzato o addirittura detronizzato Assad. Forse se si fosse cercato di coinvolgere immediatamente la Russia in un progetto per bloccare Assad fin dall’inizio, qualche risultato si sarebbe potuto avere. Ora sembra che per fermare l’ISIS l’unica soluzione sia un accordo tra l’Occidente e la Russia e l’Iran, che appoggiano Assad, dimenticando quindi che egli è stato il principale responsabile delle morti e delle violenze avvenute in Siria, molte più di quelle commesse dall’ISIS. Si tratta di capire se l’obiettivo di sconfiggere l’ISIS sia talmente prioritario da far dimenticare che bisogna combatterlo al fianco dei principali nemici dei diritti umani, cioè Assad e i suoi uomini. Questo è un dilemma eminentemente politico, perché quasi tutti gli attori che usano le armi in Siria commettono quotidianamente violazioni gravissime dei diritti umani. Si tratta di capire da dove cominciare per dare un’inversione di tendenza.

Il pacifista israeliano Ury Avnery ha detto che “nella lotta contro il peggio, il male è un alleato. Cercare di fermare l’ISIS significa sostenere il regime di Assad. Assad è un soggetto abominevole, ma ha tenuto insieme la Siria, ha protetto le sue molte minoranze”.

Non direi che Assad rispettasse così tanto le minoranze… ne rispettava alcune ma solo per i propri interessi, in un determinato momento per una precisa ragione. Non c’è dubbio che la stragrande maggioranza delle vittime del conflitto in Siria, diciamo il 90%, sia per opera di Assad. Dobbiamo capire se Assad possa temporaneamente servire per sconfiggere l’ISIS, magari garantendo che non continui questa sua opera di violenza. Però credo che la questione fondamentale sia l’accordo tra Stati Uniti e Russia e poi con Iran, Arabia Saudita e Turchia.

Il Museo dell’Olocausto di Washington ha presentato giorni fa un progetto per prevedere il rischio di genocidio. Ma se emergono segnali di possibili atrocità di massa in un paese, chi può prendere l’iniziativa per prevenirle?

Questo è il vero problema, perché di indicatori che possono farci vedere un possibile futuro genocidio si parla da tantissimo tempo e abbiamo tanti modelli diversi. Questo è l’ultimo e probabilmente più raffinato e aggiornato di altri, ma il problema è: una volta scoperti questi elementi, come si fa per bloccarli? Mi sembra che il lavoro fatto soprattutto negli ultimi quindici anni sul tema della responsabilità di proteggere sia ultimamente venuto meno. Era in corso una discussione per individuare chi poteva intervenire, quando, in che modo. Ma queste ultime guerre, sia pure locali, a partire dall’Iraq e poi la Libia e la Siria, hanno di fatto troncato completamente questa discussione e hanno anche reso evidente come essa sia troppo astratta e non calata nelle questioni reali, che sono: interviene l’ONU, come il diritto internazionale prescrive, e solo l’ONU ha il diritto di intervenire, o in certi casi è possibile e necessario un intervento limitato di una serie di attori? E in tal caso, questi devono anche preoccuparsi degli effetti immediati e a medio e lungo termine che la loro azione avrà? Ecco questa è una discussione che purtroppo nell’emergenza terribile di queste tragedie non è più stata approfondita e dovrà essere ripresa. 

Viviana Vestrucci, giornalista

29 settembre 2015

Non perderti le storie dei Giusti e della memoria del Bene

Una volta al mese riceverai una selezione a cura della redazione di Gariwo degli articoli ed iniziative più interessanti. Per iscriverti compila i campi sottostanti e clicca su iscrizione.




Grazie per aver dato la tua adesione!

Contenuti correlati

Scopri tra le interviste

carica altri contenuti