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Limonov

di Emmanuel Carrère Adelphi, 2012

Biografia di Edoardo Savenko, detto Limonov, persona realmente esistente – e questo è meglio specificarlo, perché la vita decisamente avventurosa del protagonista lo rende molto più simile al personaggio di una fiction: giovane teppistello in Ucraina, suo paese natale, esponente dell’underground sovietico all’epoca di Breznev, barbone e poi maggiordomo di un milionario a New York, scrittore a Parigi, soldato nella guerra dei Balcani a fianco dei Serbi, prigioniero nei campi di lavoro ex-sovietici e ora vecchio capo carismatico di un piccolo gruppo di idealisti nella Russia post-comunista.

L’autore percorre tutte le tappe della vita di Limonov, descrivendone gli incontri, gli amori, le amicizie e le antipatie;  con brevi accenni alla storia e alla politica dell’URSS da Stalin a Gorbačëv e della Russia fino a Putin, funzionali a tratteggiare e spiegare l’origine delle idee e degli atteggiamenti del protagonista, arriva di fatto ad offrire un quadro dettagliato della vita e del mondo culturale, dell’underground e della dissidenza sovietici e post-sovietici, visti e vissuti dall’interno.

I cambiamenti nella vita di Limonov sembrano coincidere e andare di pari passo con quelli politico-sociali dell’Unione Sovietica, che vengono riassunti in poche frasi e ricondotti ad episodi a prima vista minori, ma molto significativi: una frase dell’Achmatova, un’ azione di Brodskij, la pubblicazione di Una giornata di Ivan Denissovich di Solgenitzin.

In parallelo con la storia di Limonov e dell’URSS, alcuni brevi riferimenti autobiografici dell’autore e alla storia francese rendono le situazioni ancora più vivide e reali.
I personaggi, più o meno famosi, della vita culturale dell’epoca, che hanno incrociato Limonov, vengono visti e descritti nei loro atteggiamenti e nei loro pensieri  con gli occhi del protagonista, offrendo un punto di vista diverso, ancorchè personale, ma lontano dagli stereotipi e dall’idolatria.

L’autore riesce magistralmente a calare il lettore nell’atmosfera sovietica del tempo e a fargli vivere quasi in prima persona le contraddizioni e i dilemmi, quale ad esempio quello terribile dell’emigrazione volontaria per sempre.

Durante la fase newyorchese di Limonov, con le speranze e il disincanto, la disperazione e l’abbandono, non si parla mai esplicitamente di nostalgia, ma essa viene evocata tramite i continui parallelismi tra USA e URSS.

Il linguaggio usato si adatta al personaggio, diretto, crudo e ironico, ma il tono usato dall’autore è sempre molto pacato e tranquillo. Anche quando tratta del totalitarismo sovietico, del suo essere non contro il capitalismo bensì contro la realtà e del suo inganno globale alla popolazione, non è polemico né vendicativo, ma quasi affettuoso e solidale con chi ha dovuto subire tale inganno.
Il tono diventa più risentito quando si arriva a Gorbačëv e alla glasnost: il rientro di Limonov a Mosca è l’occasione per descrivere la nuova Russia, il crollo del sistema e dei valori, la nascita del cinismo e del culto del denaro, proprio mentre in Europa se ne davano solo commenti positivi.

La storia personale di Limonov negli anni ’90 si amplia arrivando a comprendere la storia di tutta l’Europa, Orientale e Occidentale, nell’ultimo decennio del Novecento (Romania, ex Jugoslavia, conflitto balcanico, ma anche Francia e Italia).
La descrizione dell’inizio della guerra serbo-bosniaca è emblematica dell’insensatezza delle rivalità e della violenza tra fratelli. L’autore è molto sincero nell’esprimere la propria condanna sia al conflitto, sia al Limonov filo-serbo e alla sua ridicola superficialità.

Interessante l’analisi della fine dell’URSS, di quanto è successo veramente e di come sia apparso all’occidente. La vita di Limonov a Mosca nel ’94 viene presentata attraverso il racconto delle vicende dei suoi contemporanei,  della rivista Limonka e del partito nazional-bolscevico, presentando un parallelismo, troppo spesso trascurato, tra il crollo dell’URSS e il crollo dei suoi valori umani.
Analogamente, il conflitto in Cecenia è analizzato fin dalle sue più recondite e reali motivazioni, così come l’ascesa di Putin e gli scandali a lui legati, che non ne hanno però impedito la rielezione. E la vita di Limonov procede in linea con queste vicende: è dalla parte dei Ceceni, perché è sempre dalla parte delle minoranze, affronta il carcere con rigore e convinzione, approfittandone per scrivere libri e studiare, perché è un uomo che odia perdere tempo e piangersi addosso, analizza la strage della Dubrovka allo stesso modo della Politkovkaja, perché riesce a mantenere sempre la decenza e la coerenza.

Molto bello e profondo quindi il ritratto psicologico di Limonov, che con le sue fragilità, preoccupazioni e contraddizioni, nonostante la vita avventurosa e le scelte drastiche, è sempre molto umano.

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