"Siamo giornalisti, non terroristi!" è lo slogan con cui i lavoratori della stampa hanno manifestato sulla piazza Madariaga di Caracas il 23 marzo per protestare contro l'irruzione della guardia bolivariana nella residenza di una giornalista, Mildred Manrique, interrogata per tre ore.
I dimostranti hanno denunciato 74 aggressioni contro giornalisti dal 12 febbraio, data di inizio delle manifestazioni delle opposizioni venezuelane, a oggi, cortei nei quali hanno perso la vita 35 persone. Le guardie attaccano soprattutto fotografi e cameramen che assistono ai loro atti brutali.
L'informazione subisce il clima di polarizzazione politica che caratterizza il Paese oggi. Il governo sostiene alcuni media e ne boicotta altri, compromettendo la possibilità di pubblicazione dei giornali più lontani dalle sue posizioni. Tra i quotidiani d'opposizione resiste ancora L'Universal. Per contro il giornale Tal Cual è al centro di un processo per diffamazione intentatogli da personalità della politica legate al defunto dittatore Hugo Chavez.
Per quanto riguarda i canali radio e tv, la legge bavaglio sui media in vigore in Venezuela porta soprattuto all'autocensura dei giornalisti. Secondo Le Monde, fonte di queste notizie, la propaganda governativa invade la prima serata e interrompe senza pietà ogni tentativo di intervistare gli oppositori, come il sindaco di Caracas Antonio Ledezma.
I venezuelani per informarsi devono ascoltare la CNN in spagnolo. Per fortuna il 60% di loro è connesso ai social network, ma si registrano tentativi del governo di ridurre la connettività Internet ufficialmente per "controllare voci non verificate", ma in realtà anche per fermare il flusso delle informazioni.