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Da antisemita a ebreo

il valore della testimonianza nella storia di Csanàd Szegedi

Csanàd Szegedi è stato uno dei fondatori del partito di estrema destra ungherese Jobbik, che da anni è portatore di sentimenti antirom e antisemiti. Szegedi però ha scoperto di avere origini ebraiche. Si è allontanato dal partito, ha subito minacce dai suoi stessi compagni - “La cosa migliore che potrebbe capitare ora è che qualcuno ti sparasse in testa e tu rinascessi già diciottenne e senza sangue ebraico” è quanto gli è stato augurato da un dirigente di Jobbik - e ora ha cominciato a frequentare la sinagoga con la moglie e il figlio.

La sua storia, tuttavia, è particolare perchè ricorda il valore della testimonianza nell’affermazione della verità storica, per di più in un Paese difficile come l’Ungheria, che dopo il totalitarismo nazista è passata sotto il controllo sovietico. Come scrive la giornalista statunitense Anne Applebaum in un articolo pubblicato su Internazionale: “Dopo l’esperienza della Shoah molti ebrei europei sopravvissuti alla Seconda guerra mondiale hanno pensato che non avrebbero mai potuto essere accettati nei rispettivi Paesi come cittadini con pari diritti e che, in un modo o nell’altro, sarebbero sempre stati discriminati. La stragrande maggioranza dei sopravvissuti - che venissero dall’Ungheria, dalla Polonia o dalla Germania - è emigrata. E molti di quelli rimasti, soprattutto nei Paesi dell’Europa comunista, hanno nascosto le loro origini perché avevano paura, perché non volevano farsi notare o semplicemente perché volevano dimenticare il passato e andare avanti”.

Szegedi, insieme al suo partito, era un fervente negazionista. Per lui le camere a gas non erano mai esistite e i numeri della Shoah andavano ridimensionati al ribasso - sei milioni di vittime sono un’esagerazione, secondo Jobbik. È grazie alla nonna, che per tutta la vita aveva nascosto di essere sopravvissuta ad Auschwitz e aveva indossato vestiti a maniche lunghe per coprire il numero di matricola tatuato sul braccio, che Szegedi ha scoperto le sue origini. L’anziana signora ha raccontato al nipote la vita nel campo di concentramento, la fame, le percosse, le scene di ordinaria e disumana violenza, le camere a gas, la soluzione finale. La nonna non aveva mai visto Schindler’s List, né aveva letto La notte di Elie Wiesel, eppure descriveva Auschwitz e l’Olocausto esattamente come facevano i libri di storia considerati “esagerazioni” dai negazionisti. I racconti sula Shoah non potevano quindi essere frutto di una macchinazione propagandistica: erano veri.

Oggi Szegedi si è ritirato dalla politica, ha gettato via libri e manifesti negazionisti e ha cominciato a seguire le funzioni del rabbino Köves. “Quanto alla nonna - scrive la Applebaum - lo avverte ancora di stare lontano dalle tradizioni ebraiche. Come tanti sopravvissuti alla Shoah vive nel timore che la violenza possa tornare. Ogni tanto, racconta Szegedi, diche che ‘ci sarà un’altra Shoah’”.

31 marzo 2014

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