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A Venezia uno sguardo sui genocidi

Dall’Armenia alla Shoah, passando per l’Indonesia

Al Festival del cinema di Venezia si è parlato anche di genocidi. Dall’Armenia alla Shoah, passando per l’Indonesia, alcuni film presentati in laguna affrontano il tema della memoria, raccontando le vittime, i sopravvissuti e i carnefici.

The Cut, l’ultimo film del regista tedesco di origini turche Fatih Akin, accende i riflettori sul genocidio armeno del 1915 ad opera dei Giovani Turchi. La pellicola racconta la storia di un fabbro armeno, Nazaret, che un giorno viene separato dalla sua famiglia dalla polizia ottomana e costretto ai lavori forzati. Ne segue un’epopea in cui l’uomo riuscirà a scampare alla morte più volte, alla ricerca delle sue figlie dal Medio Oriente agli Stati Uniti.

Akin affronta un tema di cui in Turchia è ancora difficile parlare, anche se, come ricorda il regista, alla vigilia del centenario del genocidio armeno l’opinione pubblica turca ha iniziato a conoscere gli eventi del 1915. “Se avessimo parlato di genocidio in un pub di Istanbul quando sette anni fa Hrant Dink è stato assassinato - ha dichiarato Akin - probabilmente la gente al tavolo vicino si sarebbe alzata per chiederci di che diavolo parlassimo. Oggi, si può discuterne senza necessariamente nascondersi. Nessun’altra parola turca è però carica di connotazioni politiche come soykirim, genocidio”.

Al genocidio indonesiano è invece dedicato The Look of Silence, film con cui, dopo The Act of Killing, il regista texano Joshua Oppenheimer torna ad occuparsi del massacro compiuto dalla dittatura militare dopo il colpo di stato del 1965. In poco meno di due anni, gli oppositori del regime di Suharto vennero accusati di comunismo e trucidati, in un’ondata di violenza che costò al Paese circa un milione di vite.

Se nel precedente film Oppenheimer aveva raccontato la vita e i laceranti dubbi di chi, nel 1965, aveva ucciso barbaramente in nome della dittatura militare, in The Look of Silence il regista ribalta il punto di vista, e assume quello di Adi Runkun, un oculista 44enne il cui fratello fu assassinato dagli squadroni della morte prima della sua nascita. Runkun incontra alcuni dei carnefici, mentre Oppenheimer registra le reazioni dei familiari di questi uomini, che parlando degli eventi del 1965 ridono nervosamente, si irrigidiscono o negano di sapere qualcosa, anche in presenza di diari dettagliati redatti dagli stessi assassini.

Vedo nei carnefici due paure. - ha dichiarato il regista, che ha vissuto per quasi dieci anni in Indonesia e che non può più tornare nel Paese, dopo essere stato dichiarato persona non grata dal governo di Giacarta - La paura di far conoscere al pubblico le loro azioni e di affrontare la richiesta di giustizia, e la paura di come vivranno con loro stessi portando alla luce il loro passato”.

Fuori concorso invece è Tsili, la pellicola - girata interamente in lingua yiddish - del regista israeliano Amos Gitai. Tratto dal romanzo Paesaggio con bambina di Aharon Applefeld - scrittore sopravvissuto alla Shoah - il film racconta la storia di una giovane che, lasciata indietro dalla famiglia in fuga dalle persecuzioni naziste, trova rifugio in una foresta, nascosta dagli alberi, dalle foglie e dalla natura. Ne uscirà solo alla fine della guerra, ignara di tutto quello che è accaduto.

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