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Un solo libro può cambiare il mondo

la forza dell'educazione contro il fondamentalismo

“Quando nessuno parla e tutto il mondo resta in silenzio, anche una voce sola assume una grande forza. Ricordiamoci che anche un solo libro, una sola penna, un solo insegnante possono cambiare il mondo”. Così parlava Malala Yousafzai il 28 settembre 2013 durante un discorso all’Università di Harvard.

Malala aveva 15 anni quando nel suo Paese, il Pakistan, i talebani le hanno sparato alla testa. La ragazza era diventata un bersaglio degli estremisti perché dal suo blog si batteva per il diritto all’istruzione, in uno Stato segnato dalla povertà e dalla forte presenza fondamentalista.
Oggi Malala è diventata la più giovane vincitrice del Premio Nobel per la Pace, dopo essere stata insignita, nel 2013, del Premio Sacharov per la libertà di pensiero.
A ricevere il Nobel insieme a lei, Kailash Satyarthi, attivista indiano che ha dedicato la sua vita alla difesa dei diritti dei bambini.

«I bambini - si legge nel comunicato del Nobel Institute di Oslo - devono poter andare a scuola e non essere sfruttati per denaro. Nei Paesi più poveri del mondo, il 60 per cento della popolazione ha meno di 25 anni d’eta; ed è un prerequisito per lo sviluppo pacifico del mondo che i diritti dei bambini e dei giovani vengano rispettati. Nelle aree devastate dalla guerra, in particolare gli abusi sui bambini portano al perpetuarsi della violenza generazione dopo generazione”.

In questa forza risiede il potere dell’educazione, ovvero nella capacità di creare una barriera contro il male e il fondamentalismo. Elemento che oggi più che mai risulta centrale, alla luce dell’ideologia estremista dello Stato islamico. E ancora più importante in questo scenario è l’educazione delle donne.

Gli estremisti hanno paura dell’istruzione femminile, perché questa permette di emanciparsi, di sfuggire al loro controllo, di ribellarsi al terrore che loro impongono. E le donne hanno un ulteriore potere, ovvero quello di educare i figli, sottraendoli alle dinamiche integraliste. Proprio per questa paura i proclami degli islamisti sono rivolti in primo luogo contro le donne. E proprio in questo senso si devono leggere i proiettili rivolti a Malala, il rapimento delle ragazze nigeriane da parte di Boko Haram, la tortura e l’assassinio di Samira Salih al Nuaimi, avvocatessa irachena sunnita impegnata nella difesa dei diritti umani.

Alle strategie militari, ai bombardamenti, ai comunicati ufficiali occorre aggiungere un’arma dai risultati meno immediati, ma non per questo meno importanti: l’arma dell’educazione. Solo così si toglierà ai fondamentalisti il potere della paura, creando una popolazione in grado di conoscere e difendere i propri diritti.

“Cerchiamo quindi - aveva detto Malala alle Nazioni Unite - di condurre una lotta globale contro l’analfabetismo, la povertà, il terrorismo e l’ignoranza. Riprendiamo in mano libri e penne. Sono le nostre armi più potenti”.

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