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In fuga dall'Europa?

nuovo attacco agli ebrei a Copenhagen

Dopo Parigi, Copenhagen è stata il teatro di due attacchi armati, il primo contro i partecipanti a un dibattito sulla libertà di espressione, il secondo contro una sinagoga. Il bilancio è stato di due morti: il regista danese Finn Norgaard presente all'incontro su "Arte, blasfemia e libertà di espressione" (dove il vero obiettivo dell'attacco era probabilmente il disegnatore danese Lars Vilks, in passato minacciato di morte per avere pubblicato una vignetta su Maometto), e Dan Uzan, il guardiano della sinagoga, che sacrificando la propria vita ha impedito all'attentare di entrare nell'edificio, pieno di bambini riuniti per celebrare un "bar mitzvah", il passaggio dall'infanzia all'età matura per i giovani ebrei. L'attentatore, identificato in Omar Abdel Hamid El-Hussein, danese di origini arabe, 22 anni, pregiudicato e più volte condannato per atti di violenza, è stato individuato e ucciso dalla polizia danese nel corso dell'arresto, ma la paura di altri atti terroristici si è diffusa Danimarca, paese ritenuto finora tra i più aperti e tolleranti verso l'immigrazione e le culture diverse. 

La nuova aggressione contro una comunità ebraica, dopo quella al supermercato kosher di Parigi, ha indotto il premier israeliano Benjamin Netanyahu a lanciare un appello, come aveva già fatto all'indomani dei tragici fatti di Parigi, agli ebrei europei a lasciare i loro paesi per emigrare in Israele, che li attende a braccia aperte. "Gli ebrei vengono uccisi in Europa solo perché sono ebrei. questa ondata di attacchi continuerà. Io dico agli ebrei d'Europa: Israele è la vostra casa", ha dichiarato, mentre il governo israeliano ha deciso una serie di provvedimenti per fare fronte a un'emigrazione di massa. 

La mossa di Netanyahu (che alcuni osservatori interpretano come strumentale e legata alla campagna elettorale in corso) non è stata gradita dal rabbino capo di Danimarca, Yair Melchior. "La gente parte per Israele perché ama Israele, per il sionismo. Non per il terrorismo. Se il modo di affrontare il terrorismo è quello di scappare altrove, allora dovremmo tutti rifugiarci su un'isola deserta" ha detto.
Anche l'ambasciatore danese in Israele, Yesper Vahr, ha accolto con irritazione le parole di Netanyahu, dicendo che "la soluzione per gli ebrei danesi non è andare via" e ricordando che, come detto dal capo del governo danese, "l'attacco alla comunità ebraica è un attacco a tutti i cittadini danesi". 

Parole che richiamano alla memoria gli sforzi eroici compiuti durante la Shoah da tutto il popolo danese - dai normali cittadini, agli alti funzionari come il delegato per gli Affari marittimi dell’Ambasciata tedesca di Copenaghen Georg Ferdinand Duckwitz (che si oppose con forza ai rastrellamenti degli ebrei ordinati dagli occupanti nazisti), fino al re Cristiano X - che consentirono al Movimento di resistenza di mettere al sicuro quasi tutti i 7mila ebrei del Paese tra settembre e ottobre del 1943, salvandoli dai campi di sterminio.

La paura del terrorismo di matrice islamica comunque sta condizionando sempre più la vita nelle varie nazioni europee, come dimostra la decisione del sindaco della città tedesca di Braunschweig di annullare la parata di Carnevale, una delle più importanti del Paese, per la "minaccia concreta di un attacco con un retroterra islamista".

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