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Presentazioni de "Il Tribunale del Bene"

il libro di Gabriele Nissim su Moshe Bejski

Nel libro "Il Tribunale del Bene. La storia di Moshe Bejski, l’uomo che creò il Giardino dei Giusti", Mondadori, in libreria dal 28 gennaio 2003, Gabriele Nissim racconta la vicenda umana dell'uomo che per 25 anni ha presieduto la Commissione dei Giusti di Yad Vashem. 

La vita di Moshe Bejski
Nato nei pressi di Cracovia nel 1920, Moshe Bejski ha attraversato, da ebreo, il calvario dell’invasione nazista della Polonia. Abbandonato dai vecchi amici polacchi, ha trovato sulla sua strada Oskar Schindler, l’unico tedesco che abbia avuto pietà di lui. Sfuggito così miracolosamente ad Auschwitz, alla fine della guerra è emigrato in Israele, dove è diventato giudice della Corte Costituzionale.
Negli anni '60, dopo il clamore del processo Eichmann, a cui ha fornito la propria testimonianza, è entrato a far parte della Commissione dei Giusti, appena istituita, diventandone presidente dopo pochi anni. Il Museo di Yad Vashem è stato eretto negli anni '50 a perenne ricordo delle vittime della Shoah e il Giardino dei giusti, al suo interno, è stato creato per onorare i non ebrei che si erano prodigati nel soccorrere e salvare gli ebrei dallo stermino nazista.
Mentre Simon Wiesenthal iniziava la caccia ai criminali nazisti, Moshe Bejski si dedicava alla valorizzazione degli uomini buoni, spesso scontrandosi con l’ingratitudine dei sopravvissuti e dovendo affrontare problemi morali a volte inestricabili nell'assegnare o negare il titolo di "Giusto tra le Nazioni".
Ha inoltre pagato il debito di gratitudine verso il suo salvatore, non solo aiutando Schindler economicamente, ma anche conducendo una campagna controcorrente affinché fosse riconosciuto come giusto, nonostante la sua vita disordinata.
Sotto la sua guida, il Giardino dei giusti è diventato il luogo emblematico della memoria del Bene in uno dei momenti più oscuri dell’umanità. Ci ha mostrato le possibilità dell’uomo di opporsi al Male anche nei casi estremi e ha restituito alle vittime la forza per ricominciare, ricordando loro, nello stesso tempo, il dovere della gratitudine, contro ogni forma di generalizzazione e di odio.
Nel 1995 Moshe Bejski ha lasciato la presidenza della Commissione, dedicandosi all'educazione dei giovani.
Negli ultimi anni l'esempio del primo Giardino dei Giusti è stato seguito in altre parti del mondo, come a Yerevan e a Sarajevo.

I casi controversi
Nella seconda parte del libro Nissim esamina i casi più controversi che Bejski ha dovuto affrontare nel decidere se assegnare o meno il titolo di giusto tra le nazioni. Poteva, ad esempio, essere riconosciuto come giusto chi aveva salvato un ebreo e poi aveva ucciso un altro uomo, o la donna che aveva nascosto dei perseguitati mentre si prostituiva con gli ufficiali nazisti o, ancora, chi aveva salvato decine di ebrei in Polonia, ma non aveva mai smesso di essere antisemita? Chi aveva aiutato, ma aveva chiesto in cambio del denaro, o chi aveva salvato soltanto perché era innamorato? Contava l’intenzione o il risultato? Era un giusto anche chi aveva fallito? Si poteva riconoscere il valore di un'azione di soccorso, messa in atto senza rischiare la vita?
Bejski ha introdotto tra i criteri per assegnare il titolo anche il principio della coerenza interna del gesto di soccorso, che deve essere determinato da un autentico spirito umanitario, ma senza per questo richiedere la coerenza assoluta nei comportamenti del soccorritore, a cui possono essere riconosciute tutte le attenuanti dal punto di vista umano e personale. 
Il presidente della commissione ha rifiutato per ben sedici volte di riconoscere come giusto Andrei Sheptitzky, il primate della chiesa ortodossa in Ucraina, che aveva salvato la famiglia di un rabbino nascondendola presso di lui, ma pubblicamente non aveva speso una sola parola per condannare la persecuzione nazista degli ebrei che stava avvenendo nel suo paese, sotto i suoi occhi.
Al contrario, Bejski ha assegnato il riconoscimento a un ufficiale ungherese che collaborava con i gerarchi nazisti, perché costui aveva sottratto alla morte gli ebrei internati in un campo di lavoro, opponendosi all'ordine di deportazione decretato dai tedeschi che controllavano il campo.
In base allo stesso principio, il giudice del "tribunale del bene" ha cercato con tutte le sue forze di far riconoscere come giusto Oskar Schindler, il suo salvatore, nonostante i legami che aveva intrattenuto con i nazisti prima di sottrarre con l'inganno della lista 1200 ebrei allo sterminio e pur riconoscendo i suoi difetti e le sue contraddizioni di uomo disordinato, dedito all'alcool e alle donne.
Tutti i casi esaminati nel libro sono tratti dall'Archivio di Yad Vashem e le discussioni più scottanti sono state descritte all'autore dallo stesso Bejski durante le lunghe conversazioni scambiate nella sua casa di Tel Aviv.

Nissim ha dedicato tre anni alla stesura del libro, con numerosi viaggi in Israele per intervistare Bejski e altri membri della Commissione e per raccogliere i materiali necessari a documentare tutte le vicende e i casi narrati.

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