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Lazar Manojlovic (1934 - 2016)

il preside che si è opposto alla pulizia etnica e ha perso il lavoro

Nasce nel 1934 a Velika Obarska, vicino a Bijeljina. Laureato in Lingua Serba e Croata e in Letteratura jugoslava all’Accademia di Pedagogia di Tuzla, lavora come insegnante e dirigente. Ha scritto centinaia di articoli e lavori professionali e letterari, compreso un libro intitolato "To my Teacher, With Love” (“Al mio professore con amore”) ed è coautore, con Svetlana Broz, del libro ‘Having What it Takes”, pubblicato nel 2006.

È vincitore di vari premi tra cui il riconoscimento per “Il professore più amato’’ del 1976. Dal 1994 lavora come reporter indipendente.

In quanto direttore della scuola elementare “Radojka Lakic” a Bijeljina rifiuta la richiesta degli autori della pulizia etnica di permettere l’iscrizione a scuola dei soli bambini serbi e di consegnare una lista di alunni non serbi. Davanti alle telecamere di un canale tv straniero dichiara di riconoscere solo due gruppi etnici nella sua scuola: la nazione degli "studenti" e quella degli "insegnanti". Ignora la richiesta di rimuovere tutti i lavoratori e docenti non serbi dagli incarichi nella scuola e non vi ottempera mai. In contrasto con la politica ufficiale rifiuta la presenza nella scuola di preti che impongano una religione.
"Quando ero ancora un ragazzo - racconta Manojlovic in Having What It Takes: Essays of Civil Courage - ho letto di un preside di un liceo belgradese e del suo coraggio mostrato durante la persecuzione degli ebrei all'epoca della Seconda guerra mondiale. Al preside di quella scuola venne in mente di distribuire a tutti gli studenti ebrei dei documenti con i nomi nuovi. Facendo così salvò la vita a molte persone, rischiando lui stesso di perdere la propria. Ma l'altruismo non conosce l'egoismo, salvare una vita significa aiutare l'umanità. Cinquant'anni più tardi, come preside, ho cercato di fare tutto il possibile per aiutare quelle persone che venivano perseguitate dai banditi di Karadzic. Pretendevano che facessi frequentare la scuola solamente ai ragazzi di etnia serba. A queste loro richieste, davanti alle telecamere di una televisione straniera, ho risposto che dentro la scuola esistono solo due nazionalità: quella degli studenti e quella degli insegnanti". 

Le autorità che tentano di applicare la pulizia etnica gli ordinano di far distruggere dai suoi studenti il monumento a Radojka Lakić, l’eroina della Seconda Guerra Mondiale che dà il nome alla scuola, ma che per gli uomini di Karadzic ha il "difetto" di non avere un'identità serba. Anche in questo caso Lazarov rifiuta di obbedire: "Gli ho risposto che né io né nessun altro della mia scuola avrebbe buttato giù quella statua, perché insegnare ai ragazzi a demolire i documenti non è altro che vandalismo e crimine. Ma uccidere Radojka Lakić un'altra volta è un crimine ancora più grave". Dopo la distruzione di tutte le moschee di Bijeljina rilascia a un canale tv straniero una dichiarazione in cui dice che questo è sia un crimine contro un intero gruppo etnico, sia il peggior tipo di atto vandalico: è imperdonabile distruggere luoghi sacri.

Manojlovic riesce anche a far liberare diversi musulmani della Bosnia dal campo di concentramento di Batkovic
Per questi e altri atti di coraggio civile è stato scomunicato dalla Chiesa ortodossa ed espulso sotto la minaccia delle armi da due ex guardie del campo di concentramento di Batkovic, una delle quali occupa il suo posto.
Nonostante questo, non rinnega ciò che ha fatto. "Il prezzo che ho pagato per la mia disobbedienza è piccolo se paragonato al fatto che ho salvato la mia coscienza, che non mi sono piegato a nessuno, che sono rimasto corretto e orgoglioso, anche se completamente solo".

Per le sue azioni, Lazar Manojlovic ha ricevuto il Premio Dusko Kondor per il coraggio civile nel 2008.

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