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Russia: Putin (di) nuovo Presidente?

verso le elezioni

Putin e Medvedev (Foto Presidential Press and Information Office)

Putin e Medvedev (Foto Presidential Press and Information Office)

Domenica  4 dicembre si svolgeranno in Russia le elezioni legislative. Il partito di Vladimir Ilic Putin e di Dimitri A. Medvedev  “Russia Unita” uscirà , quasi sicuramente, vittorioso, ma , probabilmente, secondo i sondaggi di opinione, non con quella dimensione plebiscitaria che i due dirigenti si aspettavano, quando, pochi mesi fa hanno orchestrato il passaggio delle consegne elettorali ed istituzionali tra i due leader: dopo quattro anni di intervallo in cui Putin ha svolto il ruolo di primo ministro e Medvedev quello di Presidente si è ritornati alla casella di partenza in cui, in teoria, salvo incidenti di percorso, sempre possibili, Putin potrebbe farsi quattro più quattro anni da Capo dello Stato, inaugurando una sorta di nuovo regime a vita “sui generis” seppure elettivo in cui Presidente della Repubblica e Premier si tengono calda la seggiola vicendevolmente. 


Le dimissioni di Kudrin


Ciò non è piaciuto al ministro delle Finanze Aleksei L. Kudrin, che non ha voluto diventare un subordinato di Medvedev e ha dato subito le dimissioni, provocando malcontento e sconcerto  tra non pochi elettori di “Russia Unita” che in alcune manifestazioni elettorali hanno fischiato gli oratori costringendoli a sospenderle.  Secondo certi sondaggi il tasso di gradimento di Vladimir Putin, il vero uomo forte del regime, mentre Medvedev si era ritagliato la figura del liberale modernizzatore, sarebbe di circa il 61 %– alto per gli standard occidentali , ma basso per quelli russi.
La diffusione di Internet permette a decine di milioni di giovani elettori di informarsi al di là dei tradizionali canali propagandistici. Ma resta tutta da vedere la carica nazionalista e revanscista che si esprime in varie forme, dal voto per il Partito comunista, a quello per l’estrema destra anti islamica e pan ortodossa , quando, addirittura antisemita,  in un Paese che è passato dai 250 milioni di abitanti dell’Unione Sovietica ai soli 141 milioni della Federazione Russa e che sta attraversando una fase di invecchiamento e progressivo e rapido restringimento della popolazione. In pratica una vera e propria crisi demografica. In questo quadro è difficile valutare la presa dei partiti di opposizione liberaldemocratica o socialdemocratica. Poiché, mentre l’Occidente americano ed europeo è stretto in una gravissima crisi finanziaria che ne paralizza economicamente ed ideologicamente  il potere d’attrazione, la Russia, bene o male si trova a godere di una situazione economico finanziaria relativamente favorevole. La disoccupazione si annuncia per il 2012 relativamente bassa, l’inflazione sta diminuendo e la crescita economica si annuncia attorno al 4%. Certo l’economia russa, ora come in passato, è largamente dipendente dai prezzi delle materie prime energetiche: gas e petrolio e degli altri minerali semilavorati quali acciaio, alluminio, legno, ecc. ecc.  Le esportazioni di macchinari o di prodotti sofisticati, al di là di certi armamenti, sono ancora poca cosa.
Si è osservato che la corruzione e lo statalismo hanno ancora un grandissimo spazio nello Stato accentratore russo che sembra assomigliare sempre più a quello sovietico o a quello zarista con tutti i ben noti tratti illiberali. Anche se, probabilmente, la “demokratura” di Putin è cosa ben lontana, per ora, da chi si ricorda e ha vissuto i rigori della “dittatura del proletariato” leninista o stalinista o dello “Stato di tutto il popolo” brezneviano, tuttavia l’evoluzione della federazione russa non sembra far sperare in un roseo avvenire.  Medvedev dava all’esterno l’impressione del modernizzatore vagamente liberale. Putin, che viene più direttamente dalla tradizione del Kgb, appartiene alla corrente dei “syloviky”, dei funzionari e fautori dello Stato centralista di marca sovietico, zarista. In tutto ciò c’è una coerenza non solo politico ideologica, ma anche geopolitica. 

Le privatizzazioni


Chi scrive ricorda per esperienza diretta come furono fatte le privatizzazioni nella Russia di Eltsin attorno al 1991 – 1993 e come esse avvantaggiarono la classe o casta dei boiardi, come quelli riparati in Gran Bretagna o in Israele. Naturalmente, oggi, come ci illustra il Financial Times, nuovi scandali e nuovi potentati  emergono all’ombra di Putin. Ma una cosa emerge dall’esperienza giornalistica personale in occasione di un cortometraggio, appunto, sulle privatizzazioni in Russia nel 1993 realizzato per la Rai. Lo smembramento dell’Urss, quantomeno delle sue componenti geografiche e demografiche principali, aveva condotto alla fine e distruzione di un “mercato” interno che aveva una sua dimensione storica consolidata. Non è un caso che Putin la voglia ora ricostruire. Gazprom ha acquistato per 2,5 miliardi di dollari la rete di gasdotti della Bielorussia integrandoli a quella russa. La Bielorussia con i suoi circa 10 milioni di abitanti, il suo sistema politico ed economico ancora di tipo sovietico rientra sostanzialmente nel girone russo, avendo, del resto, una scarsa identità nazionale autonoma rispetto alla Russia. Ancora più importante, il Kazakhstan, con la sua enorme land – mass, pur mantenendo l’indipendenza nazionale tende a reintegrarsi con la Russia di cui era stato per un paio di secoli mercato di sbocco nel periodo sovietico e in quello zarista, pur non trascurando gli ormai importanti investimenti occidentali e, soprattutto, il fortissimo interscambio con la Cina.


Al potere in Ucraina, con i suoi 45 milioni di abitanti, c’è il filorusso, Yanukovich, ma, in questo caso, vuoi sulla questione della Crimea, vuoi, su quella del prezzo del gas russo, vuoi, ancora, sui rapporti commerciali con l’Unione Europea il governo di Kiev mantiene aperto il discorso e continua a tenere i piedi in due scarpe con grave disappunto di Vladimir Ilic Putin. Il disegno principale di Putin di fronte agli elettori russi delle legislative di domenica  e delle presidenziali a marzo 2012 è la progressiva ricostruzione di un grande spazio “russo – sovietico” anche approfittando della crescente debolezza finanziaria, economica, monetaria e, in ultima analisi politica dell’intero Occidente al di qua e al di là dell’Atlantico che solo una vacua retorica riesce momentaneamente a mascherare.

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