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La Cina vieta le commemorazioni

a 23 anni da Piazza Tienanmen

Nell'anniversario della feroce repressione Pechino è inflessibile: non è ammesso riunirsi per ricordare la strage di giovani del 1989. La BBC ha dato notizia dell'arresto o altre limitazioni della libertà di chi cercava di commemorare Piazza Tienanmen in questi giorni. 

Il Paese però non si lascia ridurre agli schemi della dittatura e così alcuni vecchi leader ammettono le loro colpe e ci sono studiosi che trovano il coraggio di affrontare temi proibiti dalle autorità. Il sindaco di Pechino al tempo dei fatti Chen Xitong ha espresso "rammarico" per il massacro del 1989 e l'ha definito "una tragedia che si sarebbe potuta evitare". 


Il regista Wu Wenguang indaga la grande carestia del 1959-1962. Gli Stati Uniti chiedono alla Cina di rilasciare gli attivisti detenuti dagli scontri in Piazza Tienanmen. Pechino reagisce con irritazione, ma deve comunque recepire in qualche modo le critiche che piovono addosso al regime da più parti. 


L'ultima notizia infatti è che ha perfino censurato l'indice di Borsa: era - di 64,89 punti, un numero che, letto al contrario, indica la data degli scontri tra polizia e studenti che il mondo oggi commemora.    

Cronologia


Gli eventi di Piazza Tienanmen ebbero origine intorno al 15 aprile 1989, quando migliaia di manifestanti si riunirono nel grande spazio pubblico per commemorare l'appena defunto Hu Yaobang, uno stimato leader riformista. 


Intorno al 21 aprile una folla di studenti, operai e funzionari del Partito al potere invocava democrazia, libertà e fine della dittatura comunista. In molti ricordano la "Statua della libertà" portata in piazza dai dimostranti cinesi. 


Il 26 aprile il giornale di partito People's Daily pubblicava un editoriale su come "tenere duro davanti ai disordini" ispirato alla visione del futuro leader in quel momento in ombra Deng Xiaoping, che infiammava gli animi perché accusava i manifestanti di rifiutare il Partito Comunista. 


Il 4 maggio le manifestazioni erano diventate il più grande movimento di protesta dall'insediamento di Mao. Il 13 maggio Mikhail Gorbačëv visitava Pechino e nei dimostranti cresceva l'aspettativa di riforme come in URSS. Centinaia di studenti si misero in sciopero della fame a tempo indeterminato. 


Zhao Zyiang, formalmente a capo del Partito Comunista, tentò un compromesso con la folla. Avrebbe desiderato fare qualche concessione, ma era contrastato dagli altri leader. Davanti agli studenti disse: "Siamo arrivati troppo tardi". Il 20 maggio fu dichiarata la legge marziale





I manifestanti tennero testa ai carri armati inviati in Piazza Tien An Men per reprimere la folla. Inizialmente ai soldati fu ordinato di non fare fuoco sui civili. Tuttavia i gerarchi terrorizzati dal "caos" votarono il 2 giugno per la repressione violenta. La notte del 3 giugno ci fu la carneficina che oggi il mondo commemora.  


La Cina riscopre il passato


Oltre all'ex sindaco di Pechino, anche il regista Wu Wenguang è un protagonista delle novità che il 2012 ci prospetta in termini di denuncia dei crimini del regime comunista. Sta inviando in giro per la Cina giovani cineasti per realizzare interviste e filmati con i sopravvissuti del Grande Balzo in Avanti, il programma di sviluppo siderurgico di Mao che, distogliendo con la forza i contadini dal lavoro della terra, portò tra il 1959 e il 1962 a una devastante carestia che fece 36 milioni di morti. 


La Grande Carestia è anche il titolo di un importante diario pubblicato in questi giorni in Cina dal settimanale Nanfang renwu zhoukan, che pure tace il numero di vittime del tentativo maoista di "raggiungere la Gran Bretagna in 15 anni". Quindi quest'anno a un ventennale si aggiunge un cinquantennale. di un'altra delle tragedie che hanno segnato la storia del Paese comunista. 


Come reagirà il regime di Pechino alle critiche che gli piovono addosso da più parti? Per ora si sa soltanto, dal giornale inglese Guardian, che ha censurato dal Web tutte le parole chiave con le quali gli utenti potrebbero cercare informazioni sul movimento di Piazza Tienanmen e sulla relativa repressione. Perfino la parola "candela" e il numero 23 sono stati vietati. 




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