L'antica città africana meta di pellegrini e turisti è caduta in aprile sotto la morsa del fondamentalismo islamico. Molti scappano, affollando i campi profughi allestiti nella capitale Bamako.
Le donne sono costrette a indossare il velo integrale. Per loro la situazione è particolarmente grave. I ribelli le minacciano con le pistole qualunque cosa facciano. L'attivista per i diritti civili Baba Aicha Kalil ha dichiarato al New York Times: "Vogliono mettere il velo a tutto". Una donna ha avuto un orecchio mozzato perché portava una gonna "troppo corta".
Le radio non possono più trasmettere la musica; i fondamentalisti stanno sfregiando le statue dei santi locali, alcune delle quali risalgono al 15° secolo. Ovunque sventolano le bandiere di Ansar Dine, "i difensori della fede", il movimento integralista che è partito dal deserto per impadronirsi dei centri urbani.
Il Mali settentrionale è un'area grande quanto la Francia. Ansar Dine, sostenuto da Al Qaeda, sta riuscendo a imporre la legge islamica ai touareg. I giornalisti occidentali non sono ammessi e i pochi europei o americani che cercano di portare avanti attività o missioni come quelle cristiane rischiano il sequestro di persona.
La polizia islamica punisce con le frustate chiunque si accenda una sigaretta o beva alcoolici. Le strade sono deserte. I negozi e le banche sono chiusi. Gli uomini non stanno più all'aperto a conversare degustando il té quando scende la sera. Timbuctù ha ormai l'aspetto di una città fantasma.