L'artista tunisina Nadia Jelassi è stata convocata da un giudice per avere esposto un'installazione che alludeva vagamente alla lapidazione. Secondo il quotidiano La Stampa l'inquirente ha insistito per conoscere "l'intenzione" dietro la creazione artistica e ha costretto Jelassi a sottoporsi a test antropometrici. La scultrice, che dirige il Dipartimento di Arti Plastiche della Scuola di Belle Arti di Tunisi, per protesta una volta tornata a casa si è fotografata con un righello davanti al volto e ha messo la foto sul Web.
Un giudice istruttore tunisino ha convocato per un interrogatorio anche Mohamed Ben Slama, a sua volta inviso ai fondamentalisti per opere come "la donna cuscus", un nudo femminile con una pentola del noto cibo maghrebino posta sul basso ventre, e una scritta "Gloria ad Allah" realizzata con formiche fuoriuscite dallo zaino di due studenti.
I social network ora pullulano di opere realizzate per protestare contro la censura imposta dagli integralisti islamici. Potrebbero esserci a breve nuove vittime del Codice penale del Paese arabo stretto nella morsa fondamentalista. L'articolo 121, comma 3 punisce infatti gli "attacchi ai valori sacri".
L'ondata repressiva è iniziata proprio dopo che una mostra intitolata Printemps des Arts aveva scatenato le ire dei salafiti. In quel frangente una riunione dei Ministri della Cultura, dei Diritti Umani e delle Questioni religiose della Tunisia aveva sancito la condanna ufficiale del lavoro "blasfemo" degli artisti, che speravano di essere più liberi nel Paese che ha dato avvio alla Primavera araba.