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"Voli della morte" a processo

inizia in Argentina il giudizio per 68 imputati

Si è aperto a Buenos Aires il maxi processo per i rapimenti, le torture e gli omicidi compiuti durante la dittatura argentina dal 1976 al 1982. Tra i 68 imputati, accusati di 789 crimini contro l'umanità, figurano anche Alfredo Astiz, Jorge Acosta, Julio Poch e Emir Sisul Hess, responsabili dei tristemente celebri "voli della morte", durante i quali i prigionieri politici venivano gettati vivi in mare dagli aerei.

Il processo è diventato noto come ESMA III, dal nome della scuola della Marina argentina luogo di torture e di prigioni clandestine. Nel Paese l'ESMA è uno dei simboli della dittatura e delle barbarie compiute dai militari. Da qui passarono circa 5000 detenuti, destinati a riempire le fila dei desaparecidos , ovvero degli "scomparsi". Nel 2004 il Presidente Kirchner e il sindaco di Buenos Aires Ibarra hanno firmato un accordo per rendere l'ESMA un museo per la memoria dei crimini della dittatura e la difesa dei diritti umani.

La notizia dell'avvio del maxi processo è stata accolta positivamente dalle Madri di Plaza de Mayo. Tra le vittime dei "voli della morte" figurano infatti anche la fondatrice del movimento Azucena Villaflor de Devincenti e le sue compagne Esther Ballestrino de Careaga, Maria Ponce de Bianco e Angela Aguad, sequestrate, traferite all'ESMA e poi scomparse.

I loro cadaveri vennero ritrovati pochi giorni dopo la sparizione delle donne sulle coste di Buenos Aires, ma non furono identificati e vennero quindi sepolti senza un nome. Solo nel 2005 la Squadra Argentina di Antropologia Forense riuscì a identificare i loro resti e si accorse che essi presentavano fratture dovute a una caduta da una grande altezza e segni di impatto con l'acqua.

È stato quindi possibile ricondurre tali decessi ai "voli della morte", grazie ad alcune testimonianze e alle fotografie rese note dalla Commissione Interamericana per i diritti Umani. L'esistenza dei "voli" è stata confermata dai superstiti ai campi di concentramento e da alcuni dei soldati accusati. Adolfo Scilingo ha confessato di aver gettato in mare i corpi di 30 prigionieri, rivelando di avere avuto "l'appoggio spirituale di un prete cattolico prima e dopo la carneficina". Anche Julio Poch ha ricordato di aver "lanciato in mare i corpi ancora vivi di coloro che considerava 'terroristi di sinistra'", tentando di attenuare la sua responsabilità accennando al fatto che i prigionieri venivano drogati e anastetizzati prima di essere gettati dagli aerei.

La Commissione Interamericana ha successivamente reso pubbliche le foto di circa 20 cadaveri trovati lungo le coste dell'Uruguay tra il 1976 e il 1979, che presentavano evidenti segni di tortura e di impatto con l'acqua, che sono stati identificati dalla stessa Commissione come le vittime dei "voli della morte".

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