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Pakistan, un paese sconvolto da ingiustizie

denuncia di Amnesty International

Amnesty International ha pubblicato il rapporto Le mani della crudeltà, in cui accusa sia i talebani che l’esercito pakistano di aver violato i diritti umani e di aver commesso violenze sui civili nelle aree tribali. 


In queste zone della parte nordoccidentale del Pakistan la legalità è quasi del tutto assente: milioni di persone subiscono abusi da parte dei talebani senza avere un mezzo per ottenere giustizia. Sono tantissimi i casi di uomini che vengono arrestati, torturati e uccisi per il semplice sospetto che siano sostenitori dello stato pakistano, o che in qualche modo abbiano legami con le autorità.


Anche l'esercito regolare si è macchiato di orrendi crimini. “Per i primi cinque giorni ci hanno picchiato sistematicamente sulla schiena con delle cinture di cuoio. Il dolore era indescrivibile - racconta Niaz, arrestato insieme al fratello Ayub - I soldati ci dicevano che ci avrebbero ucciso se non avessimo confessato di far parte dei talebani.” Niaz è stato rilasciato in seguito alle torture, ma non ha più rivisto Ayub, deceduto in cella. Amnesty International denuncia la mancanza di indagini su tale episodio, a riprova di come i singoli soggetti siano lasciati senza una reale protezione nei confronti di questi soprusi.


Polly Truscott, vicedirettrice del Programma Asia e Pacifico di Amnesty International, dichiara che la situazione che si è venuta a creare è una conseguenza del fatto che in queste zone le garanzie costituzionali e la supervisione dei tribunali sono assenti, dal momento che le forze armate si attengono ancora al Regolamento sui crimini di frontiera risalente all’era coloniale.


Il Pakistan è da anni sconvolto da episodi di violenza. Tra questi emergono anche fenomeni di intolleranza religiosa, come quello che ha colpito Asia Bibi. “Ricordati che ci sono delle persone nel mondo che vengono perseguitate per la loro fede”, ha dichiarato la donna, condannata a morte per il reato di blasfemia e detenuta da circa quattro anni in attesa della sentenza definitiva. 


Si moltiplicano gli appelli e le pressioni fatte al presidente Asif Ali Zardari affinchè si possa risolvere in maniera positiva il caso di Asia Bibi, e venga avviata una concreta riflessione sulla “legge antiblasfemia”. Avvenire ha lanciato una raccolta firme per la liberazione della donna. Chi volesse aderire a tale iniziativa può scrivere all’indirizzo mail [email protected] sollecitando l’intervento del presidente pakistano. 


Di seguito il testo da poter incollare nel messaggio della mail:


Io sottoscritto NOME COGNOME CITTA' aderisco all'appello per la liberazione di Asia Bibi.
Chiedo al presidente del Pakistan Asif Ali Zardari di intervenire a suo favore. 


I, the undersigned, adhere to the call for the release of Asia Bibi, a young woman sentenced to death in Pakistan with a specious charge of blasphemy and now in jail because of her faith.
I ask the president of Pakistan, Asif Ali Zardari, to act in her favour.​
 

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