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Egitto, libertà d'espressione sotto attacco

processi, leggi liberticide, brutalità della polizia

Il Fatto Quotidiano ha denunciato una grave ondata repressiva in atto nel più popoloso Paese arabo. Si è aperto il 14 maggio, per essere subito riaggiornato al 3 giugno, il processo a carico di Ahmed Douma, che ha definito "assassino" il Presidente Morsi in un programma tv. 
L'uomo, spiega il New York Times, è accusato di "insulto al Presidente" per aver espresso un po' troppo sinteticamente l'avviso secondo cui il leader egiziano sarebbe responsabile delle violenze della polizia in Piazza Tahrir. Secondo Amnesty International il suo giudizio può essere ritenuto più o meno sbrigativo, ma rientra del tutto nell'esercizio della libertà d'espressione e non deve essere criminalizzato. 

Va meglio ad Ahmed Maher, arrestato venerdi scorso al Cairo per aver manifestato davanti al Ministero degli Interni. È stato rilasciato il giorno dopo, ma ciò non deve fare dimenticare che in Egitto dopo Mubarak le violenze sono addirittura aumentate invece che diminuite. 

Un grave allarme è costituito dalle violenze sessuali contro attiviste e semplici cittadine "ree" di trovarsi in piazze a forte presenza maschile. Si sono poi registrati abusi da parte della polizia e Ahmed Anwar, un blogger che ha filmato alcuni agenti ballare e li ha definiti scherzosamente "danzatrici del ventre" sarà processato il 1° giugno. 

Mentre il giornale Egypt Independent in lingua inglese è costretto a chiudere, il Partito della libertà e della giustizia legato ai Fratelli Musulmani sta cercando di far passare una legge che ridurrebbe notevolmente la libertà d'azione dei gruppi per i diritti umani egiziani e stranieri, impedendo, ad esempio, di denunciare gli arresti illegali. 


Riccardo Noury ha scritto: "Il Presidente Morsi ha dimenticato troppo in fretta che sono stati proprio la libertà d'espressione e il coraggio di manifestare dissenso, a favorire la sua ascesa al potere". 

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