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Stato di emergenza in Nigeria

contro le violenze di Boko Haram

Le azioni del gruppo islamista Boko Haram (il cui nome significa "l'educazione non islamica è peccato" nella lingua locale) "costituiscono una dichiarazione di guerra e un deliberato tentativo di minare l'autorità dello Stato nigeriano e minacciare la sua integrità territoriale", secondo il messaggio del Presidente della Nigeria Goodluck Jonathan.

Con un discorso trasmesso dalle radio e dalle televisioni del Paese il Presidente ha dichiarato lo stato di emergenza nellle aree nord-orientali di Borno, Yobe e Ademawa, maggiormante colpite dagli attacchi islamisti. Il Capo dello Stato maggiore delle Forze Armate è stato sollecitato a inviare truppe nella zona per combattere quella che è stata definita come una aperta ribellione islamista, una "guerra" che la nazione più popolosa dell'Africa è costretta ad affrontare.

"Dopo gli ultimi atti violenti - ha dichiarato il Presidente - è diventato necessario per il governo prendere misure straordinarie per restaurare la normalità. Questi terroristi sembrano decisi a prendere il controllo di alcune aree della nostra amata Nazione e progressivamente del resto del Paese. Hanno attaccato edifici governativi, assassinato cittadini innocenti e funzionari statali, incendiato case e preso donne e bambini come ostaggi. Come governo responsabile, non lo tolleriamo".

Alle truppe nigeriane verranno affiancati uomini di altre agenzie di sicurezza, con l'ordine di prendere tutte le misure necessarie per porre termine all'impunità dei terroristi e degli insorti. Il mandato di questa missione include l'autorità di arrestare e detenere sospetti, prendere possesso di edifici usati con fini terroristici e isolare qualsiasi zona in cui si verifichino operazioni di guerriglia.

Il gruppo Boko Haram combatte da anni per imporre la legge islamica in Nigeria, di maggioranza musulmana al nord ma di prevalenza cristiana al sud. Secondo cifre governative dal 2009, anno in cui scoppiarono le prime violenze religiose nel Paese - guidate dal leader Mohammed Yusuf - gli scontri hanno causato più di 3000 vittime.

15 maggio 2013

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