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La felicità araba. Storia della mia famiglia e della rivoluzione siriana

di Shady Hamadi ADD Editore

Prima di procedere con la presentazione del libro, desidero spendere qualche parola sull’autore. Shady Hamadi, classe 1988.  Ci si lamenta spesso che questa generazione di ventenni sia apatica, vuota e superficiale: per la maggior parte di loro forse è vero, ma Shady fa parte di quella piccola percentuale di giovani vivi, brillanti, appassionati, quelli che spingono noi ultracinquantenni a ben sperare per il futuro, nonostante tutto.
Ho avuto la fortuna di conoscere Shady poco più di un anno fa e di scambiare due chiacchiere con lui: un bel ragazzo, simpatico ed affabile, semplice ma con quella speciale luce negli occhi, propria di chi prova interesse, entusiasmo e passione.

E di interesse, entusiasmo e passione è permeato tutto il libro: l’interesse per quanto è accaduto e accade alla sua famiglia e al suo Paese d’origine, l’entusiasmo con cui si è fatto coinvolgere dalla situazione politica e sociale della Siria, la passione con cui segue e analizza gli avvenimenti del medioriente e li presenta al resto del mondo.

Il volume ripercorre la storia della Siria, paese natale del padre, parallelamente alla storia della sua famiglia, dal nonno ai cugini che ancora vi risiedono, per poi passare all’analisi di tutte le fasi e le cause della rivolta siriana, la descrizione delle violenze perpetrate dal regime degli Assad, le interviste ai sopravvissuti e ai parenti delle vittime, fino a concludersi con gli appelli per la risoluzione del conflitto e la ricostruzione della democrazia, presentati dall’autore stesso alla commissione affari esteri del Parlamento italiano e al Papa.

L’excursus storico, sviluppato non come un arido elenco accademico di date ed eventi, ma personalizzato dagli inserti relativi alle vicende famigliari, permette al lettore di calarsi in una dimensione reale e concreta, appassionandosi sia ai fatti storici sia a quelli della famiglia, che probabilmente avrebbero potuto essere sviluppati maggiormente (e verosimilmente un autore più anziano, professionalmente più affermato e più tronfio, l’avrebbe certo fatto).
 
Con la parte relativa alla rivolta siriana in corso, il ritmo narrativo si fa più serrato: la descrizione delle singole vicende e delle singole torture, con nome e cognome delle vittime, rende chi legge immediatamente partecipe alle atrocità e vicino a chi le ha subite: la rivolta pacifica, gli arresti ingiustificati, le torture e i massacri non sono più qualcosa di astratto e lontano, ma entrano prepotentemente nella nostra più tranquilla vita occidentale.

Tutto ciò che è descritto è reale, non solo perché giornalisticamente documentato, ma soprattutto perché vissuto, visto o sentito dall’autore e da lui commentato. La voce di Shady Hamadi ha un ruolo fondamentale nell’opera, che non si limita a far conoscere e denunciare l’oppressione del popolo siriano, calandolo nel contesto della primavera araba e della situazione attuale di incomprensioni, banalizzazioni e strumentalizzazioni sociali e religiose tra occidente e medioriente, ma stimola in modo propositivo la collaborazione tra questi due mondi per la pace, la tolleranza e la democrazia, con quell’entusiasmo e determinazione propri dei giovani, che sono ancora capaci di sperare.

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