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Sentenza storica per il Cile

il primo risarcimento per un sopravvissuto alle torture di Pinochet

Leopoldo Garcia Lucero ha 80 anni, vive a Londra ed è un esule cileno torturato durante la dittatura di Augusto Pinochet. Come migliaia di suoi connazionali, ha subito violenze di ogni genere dopo il golpe dell’11 settembre del 1973, che ha posto fine al governo democratico di Salvador Allende.

A quarant’anni dal colpo di stato, Garcia ha vinto la sua battaglia legale per ottenere un risarcimento da parte dello Stato cileno per le torture inflittegli dai soldati di Pinochet.
La Corte Interamericana dei Diritti Umani - con sede a San Josè, in Costarica - si è infatti espressa in suo favore e ha ritenuto il Cile colpevole di aver costretto l’uomo all’esilio nel 1975. Ora Santiago dovrà risarcirlo e processare chi lo ha torturato.

Prima del colpo di stato, Leopoldo era il responsabile di un ufficio scommesse all'ippodromo della capitale cilena e militava nel Partito socialista. Il suo incubò iniziò pochi giorni dopo il golpe, quando fu arrestato dalla polizia. Garcia venne torturato affinché rivelasse informazioni su altre persone legate al Partito socialista: ogni due o tre ore gli agenti gli legavano mani e piedi, lo bendavano, lo colpivano alla testa e la immergevano nell'acqua. In seguito fu trasferito allo Stadio nazionale, dove venne torturato per altri tre mesi prima di essere trasportato nei campi di detenzione di Chacabuco, Tres Alamos e Ritoque.

"Ho perso i denti - ha raccontato Garcia - e la cicatrice sul volto è la conseguenza di un colpo infertomi col calcio di una mitragliatrice. Ho un braccio rotto e danni permanenti alla spina dorsale. Ancora oggi convivo con ciò che è accaduto in quel periodo, e sarà così fino alla morte". Quando venne liberato, a condizione che lasciasse il Paese, Leopoldo si recò a Londra con la famiglia, incapace di lavorare a causa della disabilità che le torture gli avevano causato e consapevole di aver perso tutti i beni e il patrimonio di cui disponeva in Cile.

La lunga strada verso la giustizia inizia nel 1994, quando Leopoldo decide di adire il sistema interamericano di protezione dei diritti umani, per chiedere una riparazione allo stato cileno. L’uomo si rivolge quindi alla Commissione interamericana dei diritti umani, organo adibito a ricevere le denunce di violazioni di diritti umani da parte di singoli individui, la quale dichiara il caso ammissibile nel 2005 e lo deferisce alla Corte interamericana dei diritti umani nel 2011. La Corte, vero organo giudicante, avvia così il processo che, qualche giorno fa, ha deliberato in favore di Leopoldo riscontrando un ritardo eccessivo nelle indagini delle autorità cilene sul suo caso e sostenendo che questo rappresenta una violazione dei suoi diritti, per cui è necessario un risarcimento.

Questa sentenza ha una duplice rilevanza. Se da un lato, infatti, è la prima decisione di un tribunale in merito al caso di un sopravvissuto alle torture del regime di Pinochet e può per questo costituire un precedente per molti dei cileni che sono fuggiti dalla dittatura del generale, dall’altro costituisce un elemento importante - e autorevole, poiché proviene da una corte sovranazionale - per rafforzare la memoria di quanto è accaduto nel Cile degli anni ’80.

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