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"A rischio in Polonia è la stessa democrazia"

i commenti alle elezioni di fine ottobre

Adam Michnik, storico ed intellettuale polacco di grande prestigio, oltre che direttore di “Gazeta Wyborcza”, il più importante quotidiano polacco, ha avuto parole particolarmente dure nel commentare “a caldo” il risultato delle elezioni politiche in Polonia del 27 ottobre scorso, che hanno visto la schiacciante vittoria del partito Diritto e Giustizia” (PiS) guidato da Jaroslaw Kaczynski, - fratello di Lech Kaczyński, il presidente polacco perito nello schianto dell’aereo presidenziale a Smoleńsk nell’aprile del 2010, in cui morirono 96 persone.

Secondo Michnik “a rischio, in Polonia, è la stessa democrazia. I polacchi si sono dati la zappa sui piedi da soli”, perché questo risultato elettorale “può provocare risultati catastrofici” a causa della xenofobia e russofobia di Kaczyński.

Oggi il PiS è il primo partito, da venticinque anni a questa parte, a poter governare da solo e senza la presenza di una sinistra in Parlamento, e quindi Kaczyński avrà la possibilità di realizzare alcune delle idee dell’elettorato della destra estrema “spesso antidemocratiche e autoritarie”, e “potrà nutrire la megalomania nazionale ed il disprezzo verso l’unione europea”.

Sulla questione dei migranti, inoltre, Michnik ha parole veramente durissime, riferendosi in particolare ad alcune dichiarazioni pubbliche di Kaczyński: “è un orrore che il leader della formazione che vince le elezioni dichiari che i profughi sono portatori di parassiti, è una vergogna per lo Stato, per la società, per il popolo”. E in tanti in Polonia hanno sentito in quelle parole l’eco dello slogan nazista: “Ebrei – pidocchi – tifo”. Gli intellettuali che si sono sentiti offesi hanno condannato quella dichiarazione, ma purtroppo non c’è stata alcuna condanna da parte delle istituzioni. Un altro episodio è significativo di questo clima: solo il capo della comunità ebraica locale ha protestato quando Janusz Kapuscinski, membro del consiglio comunale di Poznań, ha suggerito di cambiare il nome della strada che porta all’inceneritore dell’immondizia chiamandola “Via Auschwitz”. Kapuscinski ha poi dichiarato di avere “soltanto scherzato”, e certamente non è nuovo a questi “scherzi”: circa dieci anni fa, spiegando perché non si opponeva al restauro della tomba del grande maestro del Talmud Akiba Eiger e di ciò che era rimasto del cimitero ebraico, aveva dichiarato che “Un Ebreo morto è un buon Ebreo”.

La stampa che ha sostenuto il PiS, inoltre, sta reclamando da tempo la necessità di compiere massicce purghe all’interno dell’apparato amministrativo e dei mass media di Stato, compresi livelli simbolici come il cambiamento dei nomi delle strade per sottolineare la “natura cattolica” dello Stato polacco, fino al cambiamento dei quadri all’interno delle società statali e dell’amministrazione pubblica.

La scrittrice Olga Tokarczuk, vincitrice del premio letterario Nike, ha avuto un assaggio di questo clima, quando ha dichiarato in un’intervista radiofonica che i Polacchi dovrebbero abbandonare la leggenda della loro innocenza morale e riconoscere che anche loro nel corso della storia hanno commesso dei crimini contro gli Ebrei o gli Ucraini: sul web si è scatenata una violentissima campagna d’odio contro di lei, che è stata definita “pezza da piedi ucraina e puttana ebrea”, ed è stato postato il suo indirizzo con il suggerimento che “i veri patrioti dovrebbero farle visita”. Di fronte a tutto questo il sindaco della città si è rifiutato di esprimerle la propria solidarietà, sostenendo che “degli stupidi commenti sul web” non lo interessavano.

Il professor Aleksander Smolar, politologo e presidente della Fondazione Batory, ha scritto un ampio articolo per “Gazeta Wyborcza”, in cui cerca di fare un’analisi delle ragioni che hanno portato a questo risultato e fa alcune previsioni sul futuro della politica polacca.

“Dobbiamo aver paura del PiS? Sì. Il suo progetto di stato è illiberale, vuole isolarci dall’Europa. Ma dobbiamo anche ricordare che questo partito è stato sostenuto da una metà della Polonia. Siamo di fronte a un conflitto di civiltà. Metà della Polonia si è sentita diseredata, si è sentita estranea alle trasformazioni. E adesso sente che è arrivata l’ora di far valere i propri diritti sulla Polonia. Si tratta di persone di livello culturale basso, che abitano le campagne, i villaggi. Hanno pagato un prezzo molto alto per le trasformazioni, e i Polacchi più poveri e più conservatori non ne hanno tratto alcun beneficio. Sono stati loro ad aver avuto bisogno di un cambiamento, di sentire che la Polonia è anche la loro, perché fino a oggi non lo è stata. Si sono sentiti stranieri nel proprio Paese. Per questo bisogna capirli e cercare di entrare in rapporto con loro…Faccio un appello perché non ci si limiti a lamentarsi e a proclamare il lutto. L’esito delle elezioni indica un grave problema sociale in Polonia. Abbiamo un Paese diviso. Dobbiamo cominciare a parlare con il PiS e i suoi elettori per vedere come si possa superare questa divisione. Deve nascere un programma per la Polonia.”

Annalia Guglielmi, esperta di Polonia ed Europa dell'Est

13 novembre 2015

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