Nelle elezioni dello scorso weekend, in cui per la prima volta le donne saudite godevano del diritto all'elettorato attivo e passivo, almeno 19 donne hanno conquistato un seggio a livello municipale.
In genere si tratta di figlie di uomini eminenti, poco note fuori delle città d'origine. Nelle loro parole nelle conferenze post-elettorali (per sole donne) riportate da giornali come Guardian e Washington Post, si leggono note di felicità per il risultato, ma anche di paura di inimicarsi gli uomini e di infrangere le leggi religiose.
"C'è la democrazia. C'è sempre stata la democrazia. Abbiamo il Corano", alcune hanno dichiarato, in un Paese soggetto al wahabismo in cui la donna è ancora rigidamente sottomessa al volere del marito, del padre o del fratello.
Le donne nel Paese arabo non possono infatti guidare, viaggiare sole, espatriare senza il permesso dei congiunti maschi (anni fa era stato predisposto un sistema per cui veniva inviato un sms al marito, se una donna stava tentando di lasciare il Paese), testimoniare in tribunale in parità con l'uomo - la testimonianza femminile vale la metà -, dare il proprio consenso al matrimonio e perfino essere accettate all'ospedale senza un "guardiano" maschio.