Sembrava una notizia storica. I media cinesi domenica 2 dicembre riportavano la news che una corte per la prima volta aveva condannato al carcere dieci persone accusate di aver istituito carceri illegali per i dissidenti. Un utente di Weibo, il Twitter cinese, secondo il New York Times avrebbe addirittura scritto: "È l'inizio dello Stato di diritto".
Entro sera gli organi di informazione erano rientrati nei ranghi e l'articolo era sparito. La questione è però posta all'ordine del giorno: sono migliaia le persone che finiscono nelle cosiddette black jail per aver tentato di protestare con le autorità.
In pratica succede questo: a Pechino c'è un ufficio preposto a ricevere petizioni popolari. Molte persone che tentano di raggiungere questo ente tuttavia vengono fermate da persone assunte apposta dal Partito Comunista e spesso rinchiuse per mesi nelle prigioni illegali, dove subiscono stupri e pestaggi e a volte vengono addirittura uccise. Chissà se dopo questa denuncia misteriosamente filtrata, benché per poche ore soltanto, dalle maglie della censura si provvederà a fermare il fenomeno e punire i responsabili.