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Chiuse le porte dell'inferno coreano

la fine di Camp 22

Per alcuni è il segno del cambiamento. Il regime di Kim-Jong-un ha deciso di chiudere uno dei centri di detenzione del Paese, Camp 22. Il campo era divenuto famoso nel 2002, quando alcuni testimoni avevano narrato le torture e i massacri che avvenivano tra le mura dell'edificio.

Un vero e proprio inferno, situato in Corea del Nord, al confine con Russia e Cina. I detenuti sono uomini, donne e bambini accusati di crimini politici. I racconti di chi è sfuggito alle violenze del campo sono agghiaccianti, e somigliano alle testimonianze di coloro che sono sopravvissuti ai lager nazisti.


Nel 2002, in coincidenza con le dichiarazioni dell'allora Presidente degli Stati Uniti George W. Bush che vedevano la Corea del Nord inserita nell'elenco degli "stati canaglia" e nel celebre "Asse del Male", il Guardian rendeva pubbliche le dichiarazioni di Soon Ok Lee, una donna scampata alle torture di Camp 22. Venivano così rese note atrocità che si credevano appartenenti a un passato ormai lontano e non più ripetibile.  


Soon è stata rinchiusa nel campo per sette anni, dal 1987 al 1993, ed è riuscita a sopravvivere solo perché grazie alla sua formazione contabile le è stato ordinato di lavorare ai conti del lager. La donna non è stata testimone solo di torture, massacri ed esecuzioni sommarie, ma di vere e proprie scene di sterminio. Secondo le sue dichiarazioni "le donne erano costrette ad aborti forzati. I soldati iniettavano acqua salata nel loro utero quando esse erano all'ottavo o nono mese di gravidanza., per uccidere il feto. Se poi i bambini riuscivano ad arrivare vivi al momento del parto, le guardie iniziavano a strangolarli fino a togliere loro la vita. Il dottore del campo prendeva a calci le donne incinte, e quando un bambino nasceva gridava 'Uccidetelo subito. Come può un criminale aspettarsi di avere un bambino?'".


Dai racconti dei testimoni sono emersi metodi di sterminio che ricordano i lager nazisti. Kwon Hyuk, ex responsabile di Camp 22, ha rivelato l'esistenza di camere a gas per l'esecuzione dei detenuti e per la conduzione di esperimenti da parte dei medici del campo. Intere famiglie venivano sterminate in questo modo, mentre gli scienziati osservavano la scena dal lato opposto del vetro e prendevano nota delle reazioni delle vittime sui loro quaderni.


Una crudeltà giustificata dal considerare chiunque entrasse nel campo un nemico. "Ero convinto che i detenuti meritassero quella morte - racconta Kwon - perché ognuno di noi era portato a credere che tutte le cose negative che accadevano in Corea del Nord fossero imputabili a loro. Per questo non provavo pena o pietà per loro". Il male diventava pratica quotidiana e gratuita. "Un ufficiale - ricorda Soon - mi ordinò di scegliere 50 donne in salute tra i prigionieri. Un ufficiale mi porse un cesto pieno di cavoli, dicendomi di non mangiarli e di darli alle 50 donne. Io eseguì l'ordine e sentì urla provenire da chi aveva mangiato i cavoli. Mi voltai e vidi le donne urlare e vomitare sangue. In meno di 20 minuti erano in fin di vita".


La chiusura di Camp 22 è un segno positivo, ma è necessario ricordare che dei 200.000 detenuti nei campi di prigionia coreani solo 50.000 erano rinchiusi nel "lager dell'orrore". Essi sono attualmente stati trasferiti negli altri campi, dove le condizioni di vita sono migliori ma comunque estreme. Lo ha ricordato nel 2008 al Washington Post Shin Dong-hyuk, nato nel Campo 14 e testimone di violenze continue, tra cui lo stupro di una sua cugina e l'uccisione tramite percosse di una ragazza colpevole di avere del grano nelle sue tasche. La stessa unione dei suoi genitori è stata decisa dalle guardie del campo: come ricompensa per il suo lavoro come meccanico, al padre di Shin è stata "consegnata" una delle prigioniere. 

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