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Donne perseguitate e donne carnefici

nella Cina in vorticoso mutamento

Le donne spesso vengono perseguitate sia per una ragione ideologica (l'etnia, la religione, l'impegno politico), sia per il solo fatto di essere donne. Sembra essere questo il tratto che unisce alcuni casi occorsi in Cina negli ultimi tempi. 

Donne appartenenti a minoranze etniche
Il primo è quello delle donne uighure costrette all'aborto al nono mese di gravidanza. Pechino è disposta a tutto per far rispettare la politica del figlio unico, particolarmente con le minoranze ritenute ostili come gli uighuri delle regioni del Nordovest, un popolo turcofono di fede islamica. Scrive Annalisa Guglielmino su Avvenire: "Le donne vengono ricercate, portate a forza in ospedale, viene iniettato un veleno direttamente nel corpo del bambino ancora nella pancia della madre, e viene indotto il parto. La donna partorisce il figlio vivo, che per effetto del veleno muore quasi subito, fra le sue braccia".


Mogli e parenti di oppositori
A questo orrore indicibile si aggiunge la grave preoccupazione per Liu Xia, la moglie del Premio Nobel dissidente Liu Xiaobo, in carcere dal 2011 per aver redatto il documento "Carta '08". Liu non è mai stata neanche accusata di crimini o attività sovversive, ma è costretta a vivere nel più completo isolamento e a subire fortissime pressioni psicologiche da parte della polizia per il solo fatto di essere la moglie di un dissidente, senza mai avere partecipato personalmente all'attività politica del marito. Inoltre alcuni suoi parenti hanno reagito violentemente alle pressioni della polizia e sono sotto accusa, per cui lei si trova un carico non indifferente di responsabilità verso più congiunti coinvolti in problemi giudiziari a causa della loro attività politica o di alcune reazioni violente davanti ai comportamenti dei poliziotti.   
Liu Xia, che all'uscita dal processo di un suo parente dissidente aveva gridato a diplomatici e giornalisti: "Dite che non sono libera!", recentemente si è collegata in video con un meeting di scrittori di New York per leggere alcune sue poesie. 

Donne in armi contro altre donne
Nel frattempo una donna incarna l'aspetto brutale del regime cinese, e insieme la volontà di aprirsi a un cambiamento imposto anche dall'evoluzione economica e sociale. È Song Binbin, figlia di uno degli otto Immortali di Pechino, uno dei fondatori dell'esercito di Liberazione cinese, che sotto la guida di Mao guidò la vittoriosa guerra contro i giapponesi. 

Un nome di spicco per denunciare i crimini della rivoluzione culturale 
Song, che da giovane ricevette il libretto rosso direttamente dalle mani del Presidente Mao sulla Piazza Tiennanmen, all'età di 64 anni confessa: "Uccidemmo la nostra preside". La sua squadra di Guardie Rosse giunse fino all'omicidio in nome dell'ideologia comunista che voleva epurare il mondo dagli elementi "neri", "reazionari", "anti-proletari" e quant'altro.

Ora Song Binbin, una donna particolarmente in vista, ha fatto un piccolo gesto, ancora incompleto e ambiguo, per fare uscire il suo Paese dall'amnesia circa i crimini maoisti: ha dichiarato di "vivere nel rimorso" per "non aver saputo evitare" il delitto commesso insieme alle sue compagne (i testimoni raccontano che si compromise molto più a fondo) e si è inginocchiata davanti a un busto commemorativo della vittima, Bian Zhongyun, il cui figlio continua a chiedere giustizia per la madre. Questo piccolo gesto è un segno che il mito di Mao e del Partito Comunista conosce delle incrinature, anche se la repressione è ancora durissima per gli uomini, e soprattutto le donne, che come Liu Xiaobo e sua moglie non si piegano a commettere ingiustizie. 

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