La vita in Siria continua nonostante la guerra. Nelle zone controllate dal governo, in quelle occupate dall’ISIS o dalle diverse fazioni dell’opposizione i cittadini che non sono sfollati o emigrati cercano di riorganizzare i servizi sospesi a causa del conflitto: rifornimento di beni essenziali, assistenza sanitaria, istruzione, attività culturali. Dei loro sforzi per ripristinare la normalità nelle attività quotidiane e nei rapporti umani e sociali in vista del dopo-guerra, si sa poco, perché i media internazionali privilegiano gli sviluppi militari e le strategie politiche e spesso non hanno accesso a fonti dirette nel Paese.
Per superare questa barriera e dare voce alla società civile siriana è nato “Good Morning Syria”, un sito innovativo in inglese e arabo, che tramite una rete di giovani giornalisti, attivisti, fotografi, video e audio-maker siriani informa sulla politica, la società, la cultura nella Siria di oggi, con notizie, interviste, analisi e approfondimenti dalle diverse città - Damasco, Aleppo, Homs, Hama, Deyr az-Zawr, Tartus, Raqqa - e dai villaggi anche più sperduti.
Una “contro-informazione” dall’interno della Siria per contrastare la propaganda dei vari gruppi e dare spazio alla cittadinanza attiva, che non si arrende alla tragedia della guerra. Il bilancio di quattro anni e mezzo di combattimenti è drammatico: oltre 250 mila morti, quasi 4,3 milioni di rifugiati, in gran parte nei paesi limitrofi (circa 2,2 milioni in Turchia, 1,1 milioni in Libano e 630 mila in Giordania) e altri 7,6 milioni di sfollati all’interno, secondo le statistiche dell’Alto Commissariato della Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) aggiornate al 3 novembre 2015. Un rapporto pubblicato in marzo dalle Nazioni Unite ha stimato in 202 miliardi di dollari la perdita economica totale dall’inizio delle ostilità e denunciato che quattro siriani su cinque ora vivono in condizioni di povertà e il 30% di questi in estrema povertà e che il sistema educativo, sanitario e di welfare sono al collasso.
L’obiettivo dei corrispondenti di ”Good Morning Syria” è raccontare come la popolazione sta reagendo a una situazione non più di emergenza, ma cronica, di servizi sociali smantellati o carenti, a partire dall’istruzione. Se il 78% dei bambini siriani fuggiti in Libano non va a scuola e oltre 400 mila piccoli siriani rifugiati in Turchia non sono in grado di frequentare le lezioni a causa di barriere linguistiche, ostacoli a integrarsi e difficoltà finanziarie, per chi è rimasto nel Paese sono state realizzate iniziative autogestite lanciate da insegnanti che, per tenere vivo il modello didattico siriano, fanno scuola ai bambini nei campi profughi e perfino nelle zone controllate dall’ISIS, come Deyr az-Zawr e Raqqa. In questo caso agendo clandestinamente per non essere arrestati, come descritto in uno degli articoli pubblicati dal sito: “Secret Classes in Deyr az-Zawr”.
Un altro esempio di iniziativa dal basso viene dalla provincia di Hama, dove sono concentrati molti sfollati provenienti da altre zone: l’approvvigionamento dei pasti, originariamente gestito dalla Mezzaluna Rossa e dall’ONU, è stato sostituito da un servizio mensa affidato alle donne di un villaggio, aiutate da donne sfollate, eliminando così una situazione di dipendenza e dando un lavoro e un reddito alle donne coinvolte. Il progetto ha avuto successo e oggi ci sono centri dotati di grandi cucine che preparano i pasti per molte comunità; l’ONU, inizialmente non favorevole a questo programma, ne ha capito l’utilità e lo ha accettato.
Tra le storie riferite dai corrispondenti di Good Morning Syria c’è quella degli artigiani di Hama, senza più clienti nelle loro botteghe e costretti perciò a lasciare l’attività per cui erano famosi e ad accettare lavori di ripiego per sopravvivere, come narrato in “Hama’s Artisans Stand Idly By”, o la drammatica vicenda degli abitanti dell’area di Deyr az-Zawr, assediata e divisa in due parti controllate dal governo e dall’ISIS: la scelta per gli abitanti è tra sopportare i soprusi dell’esercito e delle forze di sicurezza o finire sotto il potere dello Stato Islamico, che punisce chi è ritenuto sostenitore di Assad, come raccontato in "From Hunger to Apostasy".
I corrispondenti di “Good Morning Syria” sono formati e coordinati da un team internazionale di redattori basati in varie nazioni, che li affianca anche nei contatti con i grandi media arabi e internazionali.