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"Le islamiche in Italia sono emarginate"

intervista a Dounia Ettaib*

Qual è la condizione delle donne nell’Islam? Com’è considerata la donna dalla religione 
islamica? 

 "Il vero Islam riconosce molti diritti alla donna: innanzitutto la donna è libera di scegliere il suo compagno, è libera di lavorare. In più l’Islam sociale non obbliga la donna a versare il proprio contributo economico alla famiglia. C’è una libertà totale, al contrario di quanto si vuole trasmettere dell’Islam oggigiorno  soprattutto nel nostro Occidente, che continua a convivere con la realtà islamica, ma anche a considerare la donna musulmana un’eterna minorenne. Quindi è  più facile considerare  le questioni legate all’emarginazione della donna come pertinenti all’Islam.
Io mi sono affacciata alla realtà kuwaitiana e ho scoperto alcune cose sorprendenti: è vero che le donne kuwaitiane hanno ottenuto il diritto di voto solo nel 2005, ma è anche vero che dal 2005 al 2009, appena due anni fa, le kuwaitiane hanno raggiunto le cosiddette 'pari opportunità reali a 360°'. Cinque ministri e quasi la metà dei membri del Parlamento sono donne, nelle maggiori aziende le amministratrici delegate sono donne. La Vicepresidente del Fondo sovrano del Kuwait è una ragazza di 35 anni, una kuwaitiana laureata ad Harvard,  che non appartiene nemmeno alla famiglia reale. Quindi questo dimostra che esiste una reale integrazione e anche una reale selezione nel mondo del lavoro: chi è capace riesce ad affermarsi. Cose lontanissime dalla nostra Italia". 


In Italia come vivono le donne musulmane? 
"Sono completamente emarginate. Le musulmane nella realtà della nostra società se hanno il ruolo di  madre è già molto:  a volte non sono neanche libere di fare le mamme se non c’è la supervisione del padre o addirittura dello pseudo imam, che si introduce nella famiglia a dare consigli su come allevare  i figli “alla maniera islamica”. Le do questi ultimi dati che sono stati tratti dal Rapporto sull’immigrazione: c’è un riscontro estremamente negativo rispetto agli anni Novanta sulla popolazione marocchina immigrata. Negli anni novanta le donne che lavoravano toccavano il 54%. Oggi giorno nella realtà marocchina presente sul territorio solo il 12% delle donne lavora, mentre nella realtà egiziana solo il 4%". 


Sono numeri tristi. 
"Raccapriccianti. Tristissimi".


Però questo non è una responsabilità dell’Islam, ma di una cultura deviata.
"Si. Io conosco la realtà marocchina, non quella egiziana attuale. In Marocco la forza lavoro femminile tocca il 64%, ha superato la forza maschile. Niente a che vedere con la realtà italiana, dove siamo solo al 12%". 


Quindi in Italia paradossalmente le donne hanno vita più difficile che nel loro Paese d’origine?
"Sì, sicuramente. Tra tante donne che si rivolgono all’Associazione mi è capitato di assisterne una che proprio settimana scorsa mi diceva: “Con tutto il rispetto, a me sembra di vivere in uno Stato palestinese, dove non ci sono né diritti, né giustizia”. Io mi sono messa a ridere e ho detto: “Probabilmente le donne in Palestina hanno tanti diritti che qui non si vedono”. Molte mi dicono: 'Forse si sta meglio in Afghanistan'. Quando vedo questi riscontri mi sembra che le mie battaglie siano completamente perse". 


Che cosa può fare lo Stato per cercare di migliorare questa situazione? 
"Innanzitutto lo Stato deve rispettare la propria Costituzione: chiunque vive in questo territorio ha diritto di essere tutelato dalla Costituzione italiana e dalla legge italiana. Si vive su questo territorio e bisogna essere tutelati dalla legge di questo territorio". 


Le donne hanno partecipato alla Primavera araba? 
"Assolutamente sì. In Tunisia le prime a scendere in piazza dopo che il giovane Bouazizi si era dato fuoco sono state le donne, la madre del ragazzo prima di tutto. Le donne hanno dato inizio alla Primavera araba e anche in Egitto abbiamo visto molte donne in piazza. Tra i candidati alla Presidenza egiziana c’è una donna musulmana laica e una donna yemenita ha vinto il Premio Nobel per la Pace."  


Questo è un ottimo segno. Anche in Italia speriamo si possano ottenere miglioramenti. 
"Speriamo".


*Dounia Ettaib, Presidente dell'Associazione Donne Arabe in Italia

17 novembre 2011

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