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"Libri invece che bombe"

Shirin Ebadi contro i talebani

Alla Conferenza Internazionale delle Donne per la Pace che si tiene a L'Aja, la Premio Nobel iraniana domanda provocatoriamente: "Se invece di colpire l'Afghanistan militarmente avessimo lanciato libri, la situazione non sarebbe forse migliore, soprattutto per quanto riguarda l'educazione femminile? Non avremmo ridotto le spese militari?". 

In ogni guerra, o "scontro di civiltà", ci sono i falchi e le colombe. Questa proposta pacifista di Shirin Ebadi può sembrare naif, ma squarcia il velo dell'indifferenza riguardo ai destini di milioni di persone, visti in blocco come nemici, mentre sarebbe forse possibile dare loro nella pace alternative alle imposizioni degli estremisti islamici. 

Con il denaro speso per missioni internazionali che, tra l'altro, hanno minato il prestigio delle democrazie, secondo Ebadi si sarebbero potute costruire "4000 scuole, una per ogni vittima degli attentati dell'11 settembre". Ebadi, che è la prima donna musulmana ad aver vinto il Premio Nobel per la pace, ha chiesto all'ONU di ridurre le spese militari del 10% destinando le risorse all'educazione e ai servizi sociali. La conferenza, intitolata Women's Power to Stop War (il potere delle donne per porre fine alle guerre) è stata organizzata per il centenario dell'associazione mondiale delle donne pacifiste, sorta nel 1915, quando si sperava di poter ancora fermare la prima guerra mondiale.

L'ONU è stata anche chiamata in causa da Madeleine Rees, Segretario generale delle WILFP, che ha lavorato per le Nazioni Unite in Bosnia. "Abbiamo una struttura, una carta, delle convenzioni e delle donne che vogliono la pace, ma non siamo ancora in grado di ottenerla", ha dichiarato, aggiungendo che "la risposta tipo dell'ONU rimane l'intervento militare nonostante se ne conoscano i costi, altissimi se consideriamo che il denaro speso in queste guerre avrebbe potuto contribuire a realizzare i Millennium Goals diverse volte". Una tesi, questa, che non mancherà di fare discutere, visto che spesso l'ONU è accusata di inerzia nell'intervenire. Ma le donne, manifestando anche contro i loro governi, ci ricordano nel loro documento di sintesi della conferenza che "la violenza non è inevitabile. Si può sempre dire un sì o un no".

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