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MED2015, un'agenda positiva per il Mediterraneo

al convegno internazionale dell'ISPI

Dal 10 al 12 dicembre si è svolta la conferenza “Beyond Turmoil, a positive agenda”, organizzata dal Ministero degli Affari Esteri italiano e dall’ISPI. All’incontro hanno partecipato numerosi capi di stato, ministri e membri di organizzazioni internazionali, circa 400 rappresentanti delle principali comunità economiche, sociali e culturali di oltre 34 Stati coinvolti nell’area mediterranea. Le discussioni si sono articolate su quattro pilastri: shared prosperity, shared security, migration e mediaculture e society, con l’obiettivo di sviluppare un’agenda positiva in grado di riportare il Mediterraneo al centro del mondo.

Sono state coinvolte anche ONG e think thank per favorire il dialogo e lanciare nuove proposte che aiutino a trovare soluzioni comuni per ristabilire la pace nel Mediterraneo. Inoltre, Russia, Qatar e Turchia, nuovi attori della zona, hanno potuto esprimere il loro punto di vista e condividere le proprie idee per costruire un futuro di opportunità. Anche i rappresentati dello Stato d’Israele e dell’Autorità Palestinese sono intervenuti per favorire il dialogo tra le parti e contribuire al raggiungimento di una risoluzione della crisi israelo-palestinese.

Durante il meeting non solo sono state sviluppate nuove idee, ma sono state criticate alcune azioni dell’Unione Europea e della comunità internazionale. Più interlocutori hanno rilevato come l’Occidente abbia commesso degli errori che hanno contribuito all’instabilità della regione. Il processo di allargamento dell’Unione Europea, inoltre, ha spostato il centro della comunità verso Est e ha lasciato il Sud del Mediterraneo alla deriva. Il ministro degli affari esteri italiano Paolo Gentiloni ha chiesto di rimettere al centro dell’agenda mondiale la risoluzione della crisi israelo-palestinese. L’impegno richiesto è volto a creare un livello minimo di fiducia tra gli Stati per far sì che possano contribuire alla risoluzione delle crisi in corso, rilanciando il Mediterraneo come regione di pace. Quest’obiettivo può essere raggiunto attraverso il dialogo, il confronto e il multilateralismo. Un multilateralismo che spazia dal coordinamento nelle emergenze umanitarie al piano militare e che possa essere uno stimolo per gli Stati della regione ad aumentare le interazioni economiche, soprattutto all’interno delle micro regioni come il Nord Africa e i Balcani.

Come sconfiggere Daesh e il terrorismo?

Questa è la questione più dibattuta nelle sessioni di dialogo. Quasi tutti gli interlocutori hanno rilevato l’inadeguatezza della risposta militare, ritenendo necessaria una strategia di lungo termine sul piano politico, economico, sociale, basata su una maggiore collaborazione tra i servizi d’intelligence. Fouad Makhzoumi, presidente esecutivo della Future Pipe industries, disegna un quadro semplice: “l’ISIS è il miglior datore di lavoro nella regione”. Gli Stati più deboli e vulnerabili hanno bisogno di aiuto e sostegno da parte dell’Europa, l’attore più forte della zona per creare nuove opportunità di lavoro che soddisfino la domanda delle popolazioni. L’obiettivo principale dell’Unione Europea è salvaguardare la sicurezza del Mediterraneo per preservare la propria sicurezza. Il primo passo verso la stabilità è la risoluzione della crisi libica, dove l’Italia si è posta come mediatore per contribuire ai negoziati di pace.

Il ruolo dell’energia

L’energia può essere la chiave di volta per raggiungere uno sviluppo sostenibile dell’area. L'Italia, in collaborazione con l'ENI, ha contribuito al raggiungimento dell’autosufficienza energetica in Egitto e punta ora a sostenere gli altri attori della zona, come Israele e Cipro, a conseguire lo stesso obiettivo. Proprio ENI ha lanciato un progetto ambizioso che prevede la creazione di un elettrodotto per collegare l'Europa e il continente africano attraverso l’Italia e la Tunisia. 

La crisi migratoria

Le crisi e le guerre hanno contribuito all’aumento dei flussi migratori verso l’Europa. Il commissario europeo per la migrazione Dimitris Avrampoulus ha evidenziato come gli Stati occidentali e l’Unione Europea si siano trovati impreparati di fronte al massiccio flusso dei migranti e ha sottolineato la necessità di una politica comune prima che la crisi si trasformi in un’emergenza umanitaria. Inoltre, è stata lanciata l’idea di creare una guardia costiera europea gestita da un’agenzia comune che possa difendere e proteggere i confini, dare aiuto ai migranti e contribuire all’identificazione e al controllo delle persone in arrivo. I partecipanti, infine, si sono confrontati nell‘individuazione di vie sicure e legali per i richiedenti di asilo.

Per l’Occidente è indispensabile collaborare e sostenere gli Stati della regione che maggiormente subiscono la crisi migratoria e la pressione terroristica, come la Giordania e il Libano. Lo stesso re giordano Abdullah bin al-Hussain, intervenendo durante la cerimonia di apertura, ha chiesto con urgenza nuovi aiuti e sostegno allo sviluppo, visto che il numero dei profughi in arrivo nel piccolo stato arabo è sette volte più grande di quello relativo gli sbarchi sulle nostre coste.

Come combattere l’estremismo che si sta diffondendo nella regione?

MED2015 ha riconosciuto nella cultura lo strumento principale per prevenire la radicalizzazione. La cultura è il mezzo per coinvolgere i giovani e non farli cadere nella morsa del terrorismo. Anche il premier italiano Renzi condivide questa posizione: “La cultura è pluralismo, è dialogo, è confronto, è appartenenza che diventa incrocio di esperienze, essa è il sistema immunitario che le nostre società necessitano contro la deriva del fanatismo, sarà la sfida di un’intera generazione e l’educazione è l’arma più potente che abbiamo per poter vincere. La cultura mediterranea è ciò che ci accumuna, è una cultura di rispetto reciproco, di tolleranza, di ospitalità, di altruismo, di valore sacro dell’ospite.”

La radicalizzazione è lo sbocco di una crisi identitaria che sta attraversando l’Europa e non solo. I media, come emerso durante le discussioni, possono ricoprire un ruolo cruciale nel contrastare i sentimenti di rabbia e di delusione, alla base di questa crisi. Sono il principale canale di trasmissione e diffusione di notizie in grado di raggiungere anche le comunità locali più remote e devono essere impiegati in un modo responsabile per contribuire alla prevenzione, eliminare le semplificazioni e gli stereotipi e concedere più spazi alle voci dei popoli.

Gli Stati che si affacciano sul mar Mediterraneo condividono millenni di storia, testimoniata dai 400 siti riconosciuti patrimoni dell’Umanità dall’Unesco e hanno in comune numerose bellezze naturali che attirano un terzo dei turisti mondiali. Le radici comuni, che affondano in un passato di convivenza pacifica tra popolazioni di diverse etnie e religione, sono l’elemento da cui ripartire per costruire un futuro migliore.

Tante idee sono circolate a MED2015, tanti progetti sono stati lanciati ma i veri risultati li vedremo solo tra qualche anno. Se è stato fatto un buon lavoro in questi dialoghi, sarà più semplice trovare soluzioni condivise e concrete. 

23 dicembre 2015

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