Mano nella mano, uniti per formare una catena umana. Dal Pakistan, Paese dilaniato dalle violenze contro le minoranze religiose, arriva un’immagine di speranza.
Domenica 6 ottobre circa 300 musulmani hanno “protetto” a Lahore la chiesa cristiana di St. Anthony, durante la celebrazione della funzione religiosa, per evitare un’altra strage simile a quella del 22 settembre alla All Saints Church - nella quale hanno perso la vita più di 100 persone delle 600 colpite dai kamikaze durante lo svolgimento della messa.
L’iniziativa è stata promossa dal gruppo Pakistan For All - un’organizzazione che si batte per il dialogo interreligioso - e ha visto la partecipazione del Mufti Mohammad Farooq, che ha letto alcuni brani del Corano sulla tolleranza e la pace. Il sacerdote cristiano Nasir Gulfam, dopo aver concluso la funzione, ha applaudito il coraggio della catena umana e si è unito ad essa, tenendosi per mano con il religioso musulmano.
I partecipanti hanno esibito cartelli con la scritta "One Nation, One Blood" (una sola nazione, un solo sangue), in segno di solidarietà con le vittime delle violenze interreligiose.
La catena umana di Lahore, che ha voluto inviare un segnale forte contro gli attacchi alle minoranze, non è però il primo caso di mobilitazione di questo tipo in Pakistan. Un simile episodio si è verificato infatti qualche giorno fa davanti alla chiesa di St. Patrick a Karachi.
"I terroristi ci hanno fatto vedere cosa fanno la domenica - ha dichiarato il rappresentante di Pakistan For All, Mohammad Jibran Nasir - e noi gli abbiamo mostrato quello che facciamo noi la domenica. Ci riuniamo, tutti insieme".
L’iniziativa è stata organizzata e pubblicizzata attraverso Facebook e Twitter, in una campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla necessità di creare un’armonia interconfessionale nel Paese. "Siamo pakistani, abbiamo lo stesso sangue", hanno ribadito. Che intanto organizzano la prossima catena umana, prevista per il 13 ottobre davanti alla chiesa Our Lady Fatima di Islamabad.