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Pulizia etnica in Birmania

la denuncia di Human Rights Watch

Nel giorno in cui l'Unione europea revoca le sanzioni imposte alla giunta militare birmana, Human Rights Watch denuncia il Paese di essere responsabile di pulizia etnica nei confronti della popolazione dei Rohingya.

L'accusa non risparmia il governo brimano, nonostante "i cambiamenti intrapresi" che hanno portato alla sospensione prima e alla cancellazione poi delle sanzioni europee, nè Aung San Suu Kyi, la cui presa di posizione è sembrata piuttosto blanda. "The Lady" si è infatti limitata a chiedere il rispetto della legge parlando delle violenze etniche, dicendosi triste perchè i Rohingya non siano fatti sentire parte del Paese.

Human Rights Watch denuncia le autorità birmane - e i monaci buddisti - di aver fomentato e organizzato una campagna di pulizia etnica contro la minoranza musulmana dei Rohingya, che ha causato centinaia di morti e circa 125.000 sfollati. Secondo il rapporto All You Can Do Is Pray: Crimes Against Humanity and Ethnic Cleansing of Rohngya Muslims in urma's Arkan State, il Presidente Thein Sein non ha garantito la giustizia per questi crimini, e ha negato la libertà di movimento e l'accesso agli aiuti umanitari a decine di migliaia di profughi.

"Gli ufficiali locali e i leader delle comunità si sono uniti in uno sforzo organizzato per demonizzare e isolare la popolazione musulmana, come preludio per attacchi omicidi di massa" ha dichiarato Phil Robertson, direttore di Human Rights Watch Asia.

L'ondata di violenze contro quella che le Nazioni Unite definiscono "una delle minoranze più perseguitate al mondo" è una delle sfide più grandi del governo, impegnato a superare la politica della ex giunta militare.

Lo Stato del Rakhine, nell'ovest del Myanmar al confine con il Bangladesh, è teatro di tensioni tra maggioranza buddista e minoranza musulmana Rohingya dal giugno scorso, e ha visto picchi di violenza a ottobre e a marzo. Human Rights Watch ha documentato casi di rappresaglia, incendi di villaggi interi, epidemie ed emergenze sanitarie nei campi profughi.

La crisi ha radici antiche, e ha origine dalla disputa sullo Stato di appartenenza dei Rohingya. Nonostante le circa 800.000 persone di questo gruppo etnico vivano in Myanmar da generazioni, sono considerate "intrusi stranieri" provenienti dal Bangladesh dai buddisti. Questo tuttavia non basta per evitare che i Rohingya siano un "popolo senza Stato", dal momento che lo stesso Bangladesh non riconosce loro la cittadinanza.

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