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Quale futuro per i Rohingya?

rischio pulizia etnica in Birmania

I Rohingya, "una delle minoranze più perseguitate al mondo" secondo le Nazioni Unite, si stanno avvicinando da mesi a una vera e propria pulizia etnica. Nello Stato del Rakhine, nell'ovest del Myanmar al confine con il Bangladesh, le tensioni tra maggioranza buddista e minoranza musulmana Rohingya sono esplose nel giugno scorso dopo l'omicidio con stupro di Thida Htwe, una ragazza Rakhine.


Dieci musulmani totalmente estranei sono stati uccisi per rappresaglia, scatenando una spirale di sangue che ancora non si è interrotta. Case distrutte e date alle fiamme, centinaia di morti, sfollati, profughi, epidemie ed emergenza sanitaria hanno allarmato le associazioni per i diritti umani, come Human Rights Watch, secondo cui le condizioni di vita nei campi profughi sono a dir poco estreme.


La tragedia dei Rohingya parte dalla loro caratteristica di "popolo senza Stato": le circa 800.000 persone di questa etnia sono considerate dalle autorità birmane come immigrati illegali dal vicino Bangladesh, ma tuttavia neppure lo stesso Bangladesh (più vicino alla cultura dei Rohingya) riconosce loro la cittadinanza. Al momento non ha riscosso consenso unanime l'idea di fornire loro documenti provvisori che legalizzano la presenza sul territorio birmano o la concessione della qualifica di cittadini naturalizzati, dal momento che entrambe le previsioni garantiscono uno status inferiore rispetto alla piena cittadinanza.


La maggior parte degli sfollati si concentra nella capitale del Rakhine, Switte, dove attualmente si trovano circa 75mila persone stipate in luoghi simili a campi di concentramento, "ghetti militarizzati" secondo il vice direttore per l'Asia di Human Rights Watch Phil Robertson. A questi vanno aggiunti i circa 28mila profughi fuggiti dalle proprie casa in seguito alle violenze recenti. Nei campi degli sfollati i bambini presentano gravi segni di malnutrizione che ricordano le più tristi realtà africane, l'assistenza sanitaria è minima e le minacce da parte di estremisti Rakhine sono all'ordine del giorno.


La gravità della situazione dei Rohingya non corrisponde all'attenzione data loro dal governo birmano. L'ex generale Thein Sein ha proposto una deportazione di massa dell'etnia, e anche il Premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi si è espressa in modo ambiguo sulla questione. A parlare di riconciliazione nazionale è stato Barack Obama durante la sua visita in Myanmar. “I Rohingya hanno la stessa dignità che avete voi e che ho io - ha dichiarato Obama -  La riconciliazione nazionale richiederà del 
tempo, ma per la nostra umanità e per l’avvenire di questo paese è
 tempo di cessare le provocazioni e la violenza".


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