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Sochi 2014

tra boicottaggi e timore di attentati

Il logo di Sochi 2014

Il logo di Sochi 2014

“Noi tutti dobbiamo alzare la voce contro gli attacchi a lesbiche, gay, bisessuali, transgender e gli androgini. Dobbiamo essere contrari all’arresto, l’imprigionamento e le restrizioni discriminatorie”. Questa la dichiarazione del Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon durante la riunione del Comitato internazionale olimpico, a poche ore dall’apertura dei Giochi di Sochi 2014.

Giochi che si annunciano come un’autocelebrazione del presidente Vladimir Putin, a dispetto delle polemiche che da mesi accompagnano le Olimpiadi più costose della storia. Ne è la prova la scelta del luogo: Sochi, località balneare dove soggiornarono i Romanov, si curò Stalin, venne imprigionato Gorbačëv e dove Putin ha costruito la sua dimora leggendaria.

Al centro delle polemiche sui Giochi, l’ormai celebre leggi anti propaganda gay promulgata da Putin lo scorso giugno. Diverse le reazioni della comunità internazionale: le proteste degli attivisti, il boicottaggio dei leader mondiali - da Hollande a Obama -, le prese di posizione degli atleti, come le due portabandiera americane Billy Jean King e Caitlin Cahow, dichiaratamente lesbiche, le richieste degli attivisti russi di non boicottare i Giochi ma di usarli per accendere i riflettori mondiali sulla violazione dei diritti umani in Russia.

Comunque vada, queste Olimpiadi saranno l’occasione per il consolidamento del tentativo di Putin di rinsaldare quello che resta del mondo dell’ex Unione sovietica. Con uno sguardo, tuttavia, alle minacce di attentati.

Sochi si trova infatti nel cuore del Caucaso, terra di istanze separatiste, terrorismo, “vedove  nere” - le mogli di militanti islamici uccisi dai russi che si immolano per vendicare i mariti. E se nella zona dei Giochi la presenza dei poliziotti sembra essere discreta e non opprimente - “la maggioranza non indossa la divisa, ma si camuffa in tute da scie uguali a quelle dei volontari, solo di colore viola” racconta Lucia Sgueglia su LaStampa - a vigilare sulle Olimpiadi ci saranno 100mila tra poliziotti, vigilantes e guardie speciali. Appena fuori dal villaggio olimpico, il “popolo viola” diventa poi una folla: metal detector, dirigibili che sorvegliano i passi di montagna, guardie sotto ponti, viadotti e cavalcavia.

Dopo gli attentati di dicembre a Volgograd, gli occhi sono tutti puntati sul terrorismo caucasico. A soli 6 chilometri dai Giochi, infatti, c’è il confine con l’Abkhazia, l’enclave che si è dichiarata indipendente dal 1991 ma in realtà è ancora territorio georgiano - disputa al centro degli scontri dell’agosto 2008, scoppiati proprio durante le Olimpiadi di Pechino - e gli organizzatori hanno chiuso il valico di frontiera con questi territori.

Chiuso anche il traffico che permette il passaggio degli autobus tra Abkhazia e Russia: ora si passa solo a piedi, in fila indiana. “Questi giochi sono vicini e lontani - spiega un addetto al controllo al valico con l’Abkhazia - Noi siamo rimasti fuori”.

6 febbraio 2014

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