L’inchiesta sull’assassinio di Tahir Elçi, avvocato e attivista dei diritti umani curdo, presidente dell’Associazione degli Avvocati di Diyarbakir, non ha portato a identificare i colpevoli a cinque mesi dai fatti. La relazione degli esperti, che hanno indagato sulla scena del delitto, ha concluso che è impossibile determinare “sotto il profilo medico o balistico” sulla base delle prove esistenti, le modalità dell’omicidio.
Elçi era stato ucciso il 28 novembre 2015 durante uno scontro a fuoco tra persone non identificate e agenti di polizia, mentre parlava ai giornalisti nel quartiere di Sur, la parte più antica di Diyarbakir, capoluogo della regione curda che dalla scorsa estate è teatro di scontri armati e violenze con effetti devastanti sulla popolazione civile e su villaggi e città. Elci aveva convocato la stampa per denunciare i danni causati agli edifici storici dai combattimenti tra il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) e le forze di sicurezza.
Gli accertamenti effettuati poco dopo la sparatoria erano stati interrotti due volte da attacchi armati e sono stati ripresi e completati solo quattro mesi più tardi, il 17 marzo, dagli esperti della polizia con la partecipazione del Pubblico ministero Ramazan Solmaz e dei rappresentanti dell’Associazione degli Avvocati di Diyarbakir. Ma la scena del delitto aveva nel frattempo subito alterazioni a causa dei combattimenti e non era più la stessa del giorno dell'uccisione. Il rapporto diffuso ora dagli inquirenti afferma che Elci è stato colpito da una lunga distanza e individua otto possibili punti da cui il colpo sarebbe partito, senza potere determinare da quale tipo di arma e da quale luogo preciso. Un’indagine imparziale e approfondita era stata sollecitata dagli avvocati di Diyarbakir, che per mesi hanno tenuto presidi ogni venerdì davanti al municipio.
Elçi si era distinto nella difesa dei detenuti torturati e delle vittime di sparizioni forzate, collaborando con le organizzazioni internazionali e portando le cause fino alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Era stato anche tra i soci fondatori di Amnesty International in Turchia. Ai suoi funerali avevano partecipato decine di migliaia di persone assieme ai familiari, ai rappresentanti di tutte le associazioni degli avvocati della Turchia e ad attivisti e organizzazioni politiche.
Il suo impegno civile ora è stato riconosciuto dall’Associazione per i Diritti Umani (İnsan Hakları Derneği, İHD, ONG fondata nel 1986 con sede ad Ankara), che gli ha conferito il “Premio Libertà e Uguaglianza”, assegnato a personalità pubbliche e attivisti che dedicano la vita alla lotta per la libertà, ha reso noto l’agenzia di stampa curda Rudaw. Quest'anno l'onorificenza è stata data agli universitari puniti dal governo nei mesi scorsi per aver sottoscritto l’appello per fare cessare gli scontri nel sud-est curdo.